“Per fare un esempio non arbitrario, un approccio macroeconomico standard, il modello IS-LM ci disse che in condizioni di depressione come quelle che stiamo sperimentando alcune delle abituali regole non funzionano: deficit pubblici di migliaia di miliardi non spingono al rialzo i tassi di interesse, forti aumenti dell’offerta di moneta non provocano inflazione galoppante. Gli economisti che hanno preso questo modello sul serio nel 2009 sono stati ridicolizzati e bastonati per aver fatto queste affermazioni controintuitive. Ma le loro previsioni si sono avverate. Per cui sì, è possibile avere una scienza sociale con il potere di prevedere gli eventi e, forse, di guidarci a un futuro migliore.” (P. Krugman)
Paul Krugman è convinto di aver sempre visto giusto, e assume un atteggiamento da vittima che mi pare del tutto fuori luogo. Lamentarsi dopo aver vinto il premio Nobel proprio nel 2008 e godere (a mio parere immeritatamente) della fama di essere un grande economista è tipico di un bambino viziato solo perché i suoi interlocutori non fanno esattamente quello che dice lui.
Krugman guarda alla situazione attuale, ad esempio negli Stati Uniti, e ritiene di avere ragione perché non è ancora successa nessuna catastrofe. Il fatto è che a forza di fare migliaia di miliardi di deficit i tassi di interesse non sarebbero ai livelli (bassissimi) in cui si trovano senza la generosa monetizzazione operata dalla Fed. I tassi non sono bassi perché c’è eccesso di risparmio, ma perché c’è eccesso di denaro creato dal nulla. Krugman guarda ai prezzi al consumo e sostiene che non c’è inflazione, senza considerare che è la Fed a produrre inflazione, e l’effetto di questa inflazione è del tutto evidente in primo luogo proprio sui titoli emessi dal Tesoro, che offrono rendimenti reali abbondantemente negativi. Questa è ciò che viene tecnicamente definita repressione finanziaria, ossia una bastonata ai creditori e un vantaggio ai debitori, Tesoro in primis.
Probabilmente se il mondo fosse meno globalizzato e non si fossero verificati consistenti incrementi di produttività negli ultimi decenni, anche i prezzi al consumo crescerebbero in misura superiore. In altre parole, se ciò che sta accedendo in questi anni fosse accaduto negli anni Settanta, probabilmente avremmo già visto indici dei prezzi al consumo avere incrementi percentuali in doppia cifra.
Credo che aspettare di vedere i prezzi al consumo salire in stile anni Settanta-Ottanta per preoccuparsi delle conseguenze di ciò che sta facendo la Fed sarebbe davvero troppo pericoloso. In ogni caso, anche ai livelli attuali la repressione finanziaria sta producendo degli effetti redistributivi del tutto arbitrari, che solo un dirigista con la voglia di “guidare” tutti quanti verso un (tragico) futuro migliore può valutare positivamente. Krugman, appunto.