In Economia

DI DETLEV SCHLICHTER*

“Ma non c’è inflazione!”. Questa è una affermazione che sento piuttosto spesso, a volte da persone che sono, in linea di principio, d’accordo con le mie argomentazioni, a volte da persone che lo sono di meno. In entrambi i casi, quelli che affermano “ma non c’è inflazione!” considerano un dato di fatto quest’assenza e ciò che affermano  rappresenta una sfida nei miei confronti.

Chi sostiene che stiamo andando incontro ad un collasso della moneta cartacea, per una sorta di gioco iperinflazionistico, non dovrebbe essere interessato al fatto che tutta questa moneta stampata dalle banche centrali non ha finora portato un’inflazione più alta? Non è forse vero che le attuali statistiche sull’inflazione danno sostegno a chi crede nella praticabilità e persino nella superiorità di un sistema di moneta fiduciaria gestito da una banca centrale e non è forse vero che tali statistiche permettono di scartare le mie analisi qualificandole come “paranoiche”?

La risposta breve è: “no”.

La risposta lunga la fornisco qui di seguito.

Prima di tutto c’è, naturalmente, un po’ di inflazione. In tutte le più grandi nazioni industrializzate l’inflazione ufficiale è di segno positivo ed in alcuni paesi l’inflazione è rimasta persistentemente sopra i target ufficiali (UK, Eurozona). Come continuo a ripetere, la svalutazione della moneta di carta continua. Questo è significativo. Inoltre, questa inflazione è pericolosa, sebbene non sia ancora iperinflazione. Che questa inflazione sia qualcosa di cui non ci si deve preoccupare o che sia addirittura benefica è un grande equivoco.

Inoltre, è mia convinzione che l’inflazione andrà peggiorando, anche se solo marginalmente all’inizio. Cosa ancora più importante, io penso che il rischio di una inflazionistica resa dei conti finale, riguardante il nostro sistema di moneta fiduciaria si sia innalzato negli ultimi anni e stia continuando a crescere oggi, a causa delle attuali politiche economiche e di quelle che nel futuro sembrano le più probabili. Lo spiegherò più in dettaglio tra poco. Gli attuali tassi di inflazione non pongono un problema per la mia analisi e le mie previsioni. Per capire il perché, devo prima ripetere la mia premessa di base.

L’inflazione nel contesto della crisi

Vi prego di ricordare che la mia assunzione di base in Paper Money Collapse è questa: un sistema monetario come il nostro, che è un sistema di moneta interamente elastica, svincolata e fiduciaria, sotto il controllo di una banca centrale, progettata per espandere costantemente l’offerta di moneta fiduciaria affinché il suo potere d’acquisto sia in continua diminuzione (“inflazione controllata”), la qual cosa sarebbe solita periodicamente “stimolare” la crescita non è, come l’economia mainstream si aspetterebbe, una garanzia di stabilità economica ma, al contrario, [una scelta, ndt] sub ottimale rispetto una moneta fisica ed è intrinsecamente instabile ed effettivamente insostenibile. Come sistema è fondamentalmente incompatibile con un capitalismo funzionante e un pericolo per la stabilità economica e la prosperità. Se portato alle sue logiche conclusioni – che è ciò che le banche centrali sembrano essere determinate a fare oggi – un sistema del genere è destinato a finire nel caos.

L’attuale espansione monetaria provoca necessariamente l’accumularsi di squilibri e questi squilibri saranno un ostacolo ancora più potente ad una sana crescita economica. Come ho mostrato nel dettaglio in Paper Money Collapse, le iniezioni di moneta creano SEMPRE spiazzamenti, allocazioni sbagliate di capitale, che dovranno essere liquidate nel futuro. Tali squilibri sono ora abbondanti e certamente riguardano gli eccessivi livelli di debito, banche sovraccariche e prezzi degli assets inflazionati, in sintesi: prezzi relativi distorti. Fino a quando l’economia mainstream affermerà che la “moneta facile” è un necessario antidoto alla recessione e fino a quando le banche centrali continueranno a combattere l’attuale crisi con bassi tassi d’interesse e continue espansioni monetarie a questi squilibri – che sono la radice del corrente malessere e che logicamente hanno la loro origine nei precedenti intermezzi di “necessari stimoli monetari” – non sarà permesso ad essi di dissolversi o essere liquidati; saranno invece mantenuti e nuovi squilibri si aggiungeranno ai vecchi. Il sistema economico continua a muoversi ancora più lontano dall’equilibrio. La crisi non ha una fine ma viene sostenuta.

I politici sostengono che senza il loro intervento la crisi sarebbe stata peggiore, il che significa, semplicemente, che la liquidazione di certi sbilanci sarebbe invece avvenuta. Le loro politiche ci hanno portati ancora più lontano da una appropriata soluzione alla crisi e ci hanno dato una fugace ma falsa impressione di stabilità, per la quale stiamo pagando con ancora più disequilibri.

A questo punto, uno dei motivi per cui l’inflazione odierna si mantiene “moderata” a dispetto dei massicci stimoli monetari delle banche centrali diventa evidente: più gli squilibri – come gli eccessivi livelli di debito, banche al limite della sostenibilità e prezzi degli assets inflazionati – diventano grandi, più le forze (di mercato) che spingono per la loro liquidazione diventano più forti. Queste forze sono di natura deflazionistica. Sostenere questi disequilibri – allo scopo di mantenere viva l’illusione della stabilità – richiede una emissione di moneta sempre più aggressiva da parte delle banche centrali, che è ciò che stiamo vedendo oggi in giro per il mondo. La nuova “base monetaria” – quella moneta che le banche centrali stanno emettendo oggi e che agisce da materiale grezzo del sistema monetario – al momento non ha come effetto una più alta inflazione così come successo in passato. Di conseguenza, le banche sono riluttanti a prestare e il settore privato è riluttante ad indebitarsi. L’attuale accomodamento monetario sta attenuando la sua stessa efficacia. Ci sono poi altre ragioni per l’ancora contenuta inflazione attuale, alle quali perverrò tra poco.

Ma ricordate, nel nostro sistema di moneta fiduciaria interamente svincolata la moneta può essere iniettata sempre più velocemente – e in effetti una maggior quantità di moneta dovrà essere iniettata sempre più velocemente affinché le banche centrali si mantengano vicine ai propri obiettivi di politica economica, vale a dire ostacolare qualsiasi liquidazione di sbagliati investimenti di capitale e dei livelli eccessivi di debito e continuare il processo di erosione del potere d’acquisto della moneta. Il punto di svolta – che darà l’avvio ad un incremento dell’inflazione – viene raggiunto quando il pubblico non ha più fiducia in questa farsa. Quando gli individui riducono le proprie riserve di moneta mossi dalla paura di una futura inflazione, la velocità di circolazione della moneta si innalzerà accelerando l’inflazione. Una inflazione moderata e persistente o perfino una leggera accelerazione dell’inflazione possono giocare un ruolo importante nel portarci a questo punto di svolta. Rispetto a questo, l’attuale andamento dell’inflazione non è importante. Ma dobbiamo analizzarlo nel contesto della teoria qui presentata.

Le mie previsioni

Per quelli che hanno letto Paper Money Collapse con attenzione e l’hanno pienamente compreso, niente di tutto ciò è nuovo e mi scuso se suona ripetitivo. Permettetemi però di sottolineare ancora una volta come le mie previsioni degli ultimi anni non riguardavano il fatto che nel 2012 o nel 2013 avremmo avuto una inflazione molto più  alta o una iperinflazione. Naturalmente, non avrei potuto e non posso escludere la possibilità che ci possa essere una più alta inflazione o una iperinflazione di qui a poco. Nessuno può farlo. Se e quando la fiducia svanisce, le dinamiche inflazionistiche cambiano molto rapidamente. Il sistema si sostiene su un sottile strato di ghiaccio e ogni giorno le banche centrali scommettono contro la possibilità che tale ghiaccio si rompa. Ma questa non era la mia principale previsione, almeno non nell’immediato futuro. La mia previsione era e continua a essere questa, che deriva dall’analisi svolta sopra: le politiche monetarie allegre non risolveranno la crisi. Questa politica non porta ad una crescita sostenibile, del tipo che permetterebbe alle banche di ritirare gli stimoli monetari e normalizzare i tassi d’interesse e altri indicatori economici – una promessa fatta negli ultimi anni e mai mantenuta, in nessuna parte del mondo. Non c’è fine agli “alleggerimenti quantitativi”. Devono continuare indefinitamente. Le politiche di Quantitative Easing dovranno perfino essere aumentate e intensificate. Non esiste una exit – strategy. Le banche centrali stanno scavando a sé stesse – e a tutti noi – una fossa sempre più profonda.

Queste previsioni sono state accurate finora e continuano ad esserne convinto per il futuro. Ed ecco un’altra previsione: le misure attuali verranno affiancate, nel corso del tempo, da quelle che nel mio libro ho definito “nazionalizzazione della moneta e del credito”: gli investitori istituzionali saranno costretti attraverso leggi e regolamenti a bloccare i propri investimenti in certe tipologie di assets, la guerra al contante e alle società off shore continuerà e si intensificherà e, in ultima analisi, assisteremo al controllo sui capitali.

Tornando all’inflazione

Mi aspetto che l’inflazione rimanga elevata e che cresca nel corso del tempo. Nonostante gli squilibri, che ingombrano in modo crescente i normali meccanismi di trasmissione della moneta facile, un sufficiente quantitativo di tale nuova moneta troverà la strada per entrare negli aggregati monetari più ampi e nel sistema economico: questo comporterà ulteriore perdita d’acquisto della nostra moneta di carta (questo, d’altronde, è uno degli obiettivi principali delle banche centrali). Badate bene: le banche centrali, oggi, di fatto, finanziano il settore pubblico attraverso l’emissione di moneta. Le banche centrali sono il prestatore e il settore pubblico è il debitore di ultima istanza (il settore privato è riluttante, per ottime ragioni, come ho spiegato prima). Negli Stati Uniti, quasi l’80% del nuovo debito pubblico finisce direttamente nel bilancio della banca centrale. La BCE è pronta a comprare debito pubblico direttamente, piuttosto che finanziare i governi europei indirettamente, come ha fatto per anni su larga scala, elargendo generosamente credito a tutte le banche europee, attraverso garanzie [implicite ndt] sul debito pubblico. La Banca d’Inghilterra è dal canto suo la regina degli alleggerimenti quantitativi.

L’inflazione attuale è già dannosa

La settimana scorsa è stato riportato una diminuzione dell’inflazione ufficiale relativa ai prezzi al consumo in Gran Bretagna: oggi sarebbe più vicina, anche se ancora oltre, l’obiettivo fissato dalla Banca d’Inghilterra. Un quotidiano l’ha accolta come un’ottima notizia per le famiglie inglesi e sono completamente d’accordo. Specialmente in un periodo difficile come questo, in cui molte persone sono disoccupate e devono fare affidamento sui propri risparmi o su entrate ridotte, è d’aiuto un’inflazione più lenta. Ma non sarebbe anche meglio se le merci divenissero più economiche? Cosa accadrebbe se i prezzi invece di salire del 2,6% in media scendessero del 2,6% ? Se ogni sterlina del tuo portafoglio valesse anche quel poco in più? Non sarebbe una notizia perfino migliore per le famiglie britanniche?

Ma, ironicamente, quella sarebbe la terribile deflazione da cui gli economisti mainstream non smettono mai di metterci in guardia. Ci viene costantemente detto che, sebbene le entrate difficilmente salgano e molti individui debbano usare i propri risparmi per sbarcare il lunario, dovremmo ringraziare le banche centrali che assicurano la diminuzione costante del potere d’acquisto della nostra moneta.

Si da il caso che un boom inflazionario sia seguito da una ventata di deflazione. La tendenza dei prezzi a scendere, durante una recessione, è un fattore importante di stabilizzazione che agisce in modo piuttosto naturale. Prezzi più bassi aiutano gli individui a basso reddito e in certi settori, i prezzi più bassi attirano quegli individui che, rimasti ai lati del mercato, vi ritornano per spendere e investire su di esso.

Oggi i policy makers cercano di invogliare gli individui a spendere i propri soldi deprimendo artificialmente i tassi d’interesse fino a zero e diminuendo il potere d’acquisto della moneta. Le politiche inflazionistiche sono, dal loro punto di vista, uno strumento per incoraggiare consumi e investimenti. Si suppone che il denaro debba diventare un asset indesiderato da detenere. Essi ignorano che ciò che è richiesto per tenere il potere d’acquisto della moneta artificialmente basso, vale a dire tassi d’interesse ultra ribassati e iniezioni monetarie, allo stesso tempo spinge verso l’alto, artificialmente, i prezzi degli assets e impedisce la riduzione dei livelli di indebitamento nell’economia. Questo è un disincentivo permanente ad investire. Chi detiene moneta da spendere è riluttante a farlo, fino a quando i prezzi delle attività e dei beni saranno inflazionati da moneta facile e credito a basso costo. Sanno perfettamente che quelli attuali non sono reali prezzi di mercato. Nessuno vuole investire in un mercato manipolato.

Sarebbe indubbiamente molto meglio fermare l’emissione di nuova moneta, la manipolazione dei tassi d’interesse e la svalutazione del denaro allo scopo di far terminare queste politiche; il mercato attraverserebbe un necessario processo di purificazione, una liquidazione dei disequilibri accumulati. I vantaggi evidenti sarebbero questi: i tassi d’interesse rifletterebbero di nuovo la reale disponibilità di risparmi e il prezzo rifletterebbe la vera domanda di beni, servizi e attività finanziarie. I prezzi scenderebbero ma costituirebbero di nuovo reali prezzi di mercato. I detentori di moneta si sentirebbero più a loro agio nell’investire. Questo farebbe davvero ripartire l’economia.

I beneficiari dell’inflazionismo

Ma coloro che difendono le attuali politiche inflazioniste affermano che non ci possiamo permettere che il mercato adotti prezzi “corretti” e meno che mai che esso “si ripulisca”. Prezzi calanti, in questo momento, condurrebbero a una terribile deflazione da eccesso di debito, una spirale deflazionistica che causerebbe sostanziali danni collaterali. Credo fermamente che le paure di una spirale deflazionistica siano esagerate. Durante una deflazione, così come il potere d’acquisto della moneta aumenta, va aumentando anche il costo opportunità di detenere ricchezza in forma liquida e aumentano di conseguenza gli incentivi a consumare ed investire.

L’affermazione secondo cui chi si aspetta che domani i prezzi diminuiranno sarà portato a rimandare consumi e spese è priva di senso. Tale affermazione ignora completamente il concetto di preferenza temporale e possiamo vedere come questo non accade già oggi nel mercato dei computer o dei telefoni cellulari: questi prodotti diventano più convenienti e migliori di anno in anno, eppure la loro domanda rimane sostenuta e, al giorno d’oggi, gli individui spendono una parte considerevole del proprio denaro nel loro acquisto.

Permettere al mercato di correggere e liquidare gli squilibri e gli eccessi di debito accumulati non implicherebbe la fine del processo di assunzione ed erogazione di prestiti. In ogni caso, danneggerebbe certamente coloro i quali si sono sovraesposti nel boom precedente: chi ha preso a prestito e iscritto nei propri bilanci debiti eccessivi durante il boom della moneta facile sarebbero quelli maggiormente puniti durante una correzione deflazionaria; questi ultimi, oggi vengono salvati da mezzi di politica monetaria espansionistica. Tra di essi ci sono, soprattutto, le banche e gli stati, i quali beneficiano entrambi, sistematicamente, del privilegio di emettere moneta, a corso legale, non vincolata e hanno certamente beneficiato di quel boom di credito a basso costo che ci ha portato in questa crisi. Sono tuttora i primi beneficiari dell’attuale politica inflazionistica. Quelli che sono stati più avventati durante il boom vengono salvati grazie alla moneta facile mentre coloro i quali sono stati prudenti, non essendo stati attirati dal credito a buon mercato ed evitando pericolose espansioni dei loro passivi di bilancio, sono le vere vittime di questa politica, visto che le attuali manovre monetarie impediscono loro di comperare attività a prezzi ribassati (che, sarebbe a dire, al loro reale valore di mercato) mentre i loro risparmi vengono di fatto confiscati dall’attuale svalutazione monetaria.

Le persone che difendono queste scelte sosterranno la pericolosità del collasso delle banche e dei default statali per la famiglia britannica media. Potrebbe essere così ma questo mostra soltanto quanto la società sia stata contaminata dalle conseguenze di un regime persistente di denaro facile. In un certo senso, siamo tutti diventati drogati del credito a buon mercato senza fine. Ma qual è l’alternativa alla liquidazione? E’ davvero possibile sostenere i prezzi di mercato impedendone il declino e mantenere lontani dal rischio di default larghi settori dell’economia – a prescindere da quanto siano estesi i crediti che queste entità vantavano reciprocamente quando l’economia era in salute? Quanto denaro dobbiamo stampare per trasformare in realtà questa fantasia anti-capitalistica?

Il fatto che questa politica abbia un definito gruppo di beneficiari è un’altra delle ragioni per cui l’inflazione non è oggi ancora più alta. Le banche centrali creano la base monetaria, che confluisce in depositi sul conto della stesse banche centrali. Questa moneta assolve la funzione di riserva bancaria. Sin dal 2008, le banche centrali in giro per il mondo hanno invaso i propri sistemi bancari con riserve di questo tipo ma ciò non ha condotto a simili espansioni degli aggregati monetari (sebbene ha certamente incoraggiato l’espansione di ulteriori aggregati più ampi ed è pertanto responsabile dell’attuale, dannosa, inflazione, solo non nella scala che una espansione così massiccia di base monetaria normalmente suggerirebbe).

Come ho già detto, molto di questo è dovuto agli enormi squilibri: le banche sono troppo spaventate per prestare (piuttosto, mantengono alte le proprie riserve) e il settore privato è troppo sfiduciato per prendere a prestito e ha ottime ragioni, visto che molti dei prezzi attorno a noi sono distorti. Comunque, le banche centrali non hanno pienamente preso di mira gli aggregati più ampi, almeno non ancora. Le Banche Federali negli USA pagano alle banche perfino un interesse sui depositi detenuti presso la FED; in tal modo, le incoraggiano a detenere riserve eccessive invece di concedere prestiti.

Ricordate, il primo Quantitative Easing è stato pensato per salvare le banche. La FED ha dato alle banche più di 1 bilione di $ in nuove riserve e lo ha fatto portando fuori dai loro bilanci, in cambio di denaro contante, una delle tipologie di asset più tossiche: i mutui. Il QE2 è stato realizzato allo scopo di manipolare i prezzi degli assets, come Bernanke ha ammesso qui.

In questo caso, l’obiettivo principale non era portare le banche fuori dalla crisi o creare grandi somme di nuova moneta attraverso il sistema di riserva frazionaria, dando così una spinta più forte all’aggregato M2 (e all’inflazione) ma sostenere i prezzi degli “assets rischiosi”.

Ma l’economia non è entrata in un recupero sostenibile grazie a queste misure – Che sorpresa! Che sorpresa! Naturalmente non lo è. L’ho chiarito dettagliatamente sopra. Queste politiche sono semplicemente orientate ad evitare la necessaria liquidazione degli squilibri. Ma il QE3 indica già l’insofferenza dei policy makers nei confronti di questo pseudo-recupero. Il terzo quantitative easing è, più di quanto lo siano stati i precedenti, rivolto a “ridurre la disoccupazione” e “spingere la domanda aggregata”.

I quotidiani sono oggi pieni di idee sempre più strampalate su come spingere la moneta fiat di nuova emissione giù per la gola dell’economia. Ecco cosa prevedo per il futuro: abbastanza presto, la FED smetterà di pagare interessi sulle riserve bancarie. I tassi d’interesse verranno portati a zero, dappertutto. Vedremo, ad un certo punto, tassi d’interesse negativi ovunque. Alla fine la detenzione di contante verrà tassata. Gli “accumulatori” di contante affronteranno la pena di morte (Riguardo l’ultimo punto, mi permetto un po’ di humor; ma non troppo).

Concludo: leggere oggi di una ancora contenuta inflazione non è un buon motivo per rilassarsi. Non è una sorpresa che in questa fase della crisi l’indice CPI dei prezzi al consumo non sia più alto. Cosa ancora più importante, non c’è ragione di pensare che le attuali politiche economiche siano prive di conseguenze: queste scelte stanno rendendo più difficile fermare, in futuro, l’emissione di moneta fiat e perfino fermarne l’accelerazione. Ecco perché, continuando a perseguire queste politiche, ci stiamo dirigendo verso il collasso della moneta cartacea. Le notizie riguardanti l’inflazione odierna non cambiano questa considerazione.

Se vi state ancora chiedendo quando l’inflazione esploderà, la risposta è: quando sempre più persone capiranno dove ci stanno portando i policy makers.

Finirà molto male.

Articolo di Detlev Schlichter su Papermoneycollapse.com

 

*Link all’originale: http://vonmises.it/2012/11/13/ma-quale-inflazione/

Traduzione di Walter Paiano

 

 

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Comments
  • maumen

    Le cose dipende sempre da come vengon calcolate. In sintesi. L’inflazione esiste eccome. Come ripetiamo da trent’anni noi libertari nel paniere per il calcolo del costo della vita sarebbero dovuti esser inseriti anche gli indici di borsa. Nei 10 anni dall’introduzione dell’euro la massa moneta é cresciuta di 130%, la quantitá del credito del 160% mentre il PIL europeo è cresciuto del 20%. Ogni crisi fa a se. Vedremo inflazione o deflazione? Entrambe. La deflazione nei valori mobiliari ed immobiliari. L’inflazione si scaricherá invece sulle materie prime e morderá il cittadino cominciando dalla borsa della spesa e dai prodotti energetici.

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