DI LEONARDO FACCO
L’8 e il 9 dicembre, mentre a Nizza si riuniva il Vertice dei governanti europei, si teneva a Milano il convegno “Europa, ultimo Leviatano”.
Da quel convegno è nato un numero monografico di “Enclave” (Leonardo Facco editore, dicembre 2.000).
A dodici anni di distanza, va fatto un punto sulla questione, anche per dimostrare – ancora una volta – che i libertari hanno sempre avuto ragione, ed oggi i fatti lo dimostrano. Da qui, il ritorno in video del sottoscritto, perchè se “Scripta volant, verba manent”, come le testimonianze audio-video.
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QUI UN ARTICOLO DI ALBERTO MINGARDI IN MERITO AL CONVEGNO ORGANIZZATO DALLA LEONARDO FACCO EDITORE
Ci sono quelli per cui il Sessantotto non è mai finito Nei giorni scorsi, i più si sono dati appuntamento a Nizza, qualcuno s’è presentato a Milano, sotto le finestre dell’Hotel Duomo, sabato pomeriggio. Reggevano un bello striscione (“Libertari? Solo fascisti”) e distribuivano volantini firmati da questa o quella combriccola marxista. Tutto perché, dentro all’Hotel, si era alle battute conclusive del convegno “Europa: l’ultimo Leviatano”, organizzato dal Cidas e dalle riviste “Enclave” e “Federalismo e libertà”. Per due giorni sul palco, si sono dati il cambio i più bei nomi del liberalismo internazionale e della cultura italiana, quella che non vota a sinistra. C’era il direttore di Libero, Vittorio Feltri. C’era Sergio Ricossa, e altri coraggiosi (De Paolini, Ronza, Diaconale, Bracalini), gente che non ha paura di sfidare l’ultimo totem, di smascherare l’ultimo tabù.
L’Europa appunto. Dall’estero, è arrivato Lord Harris of High Cross, un uomo che ha speso una vita (letteralmente) per promuovere le idee liberali. Ce l’ha fatta: se in Inghilterra c’è stata una Margareth Thatcher, almeno in parte è merito suo. Ma l’allergia contagiosa al “politicamente corretto” la condivide in pieno anche Daniel New, pratica-mente un’icona dell’ultra-destra americana, che al convegno ha fatto una relazione personale e toccante. Ha raccontato una storia:, quella di suo figlio, Michael, che, da soldato, s’è rifiutato di andare a combattere sotto le insegne delle Nazioni Unite. “Non è questo che l’America deve fare”: cioé non deve giocare allo sbirro globale, ficcare il naso negli affari altrui. La tentazione, s’intende, è fortissima: il pericolo gigantesco. Pensate che Kofi Annan una volta ha dichiarato che, in certe situazioni, si dovrebbe dire “maledetta sovranità!”, cioé intervenire a tutti i costi, fregandosene dei confini nazionali. Peccato che quando ciò avviene si generano tutta una serie di effetti perversi, si sradicano tradizioni e classi dirigente per impiantarne, artificialmente, altre. Peggiori. Questo è il filo rosso che lega Onu, Nato, Europa: un delirio d’onnipotenza, una presunzione fatale. Si va dal controllo della lunghezza delle zucchine all ‘armonizzazione delle tasse che, come ha dimostrato l’economista francese Pascal Salin, è sempre un livellamento verso l’alto. Gli interventi sono stati molti, tutti profondi e interessanti. Anthony Jay, in una parola: un genio, ci ha ricordato che l’Europa in realtà sono due. Una è quella di Nizza, e dei ragazzi dei centri sociali che la contestano a parole soltanto: è il Super-Stato. L’altra era un sogno, quello di un mercato comune che abbattesse e non erigesse più barriere.
Di immigrazione s’è parlato con Hans Hermann Hoppe, che al tema ha dedicato riflessioni importanti. Quel che non va con l’immigrazione, dice Hoppe, è che, in un welfare state, essa diventa nientemeno che un furto, da parte degli immigrati verso gli “autoctoni” Il problema si risolve solo localizzando il più possibile il controllo dell’immigrazione, giù giù giù fino alle province, i comuni, i rioni. Chissà se al Leoncavallo qualcuno è davvero convinto che questa sia “xenofobia”.