In Anti & Politica, Economia

DI LEONARDO FACCO*

In terra ellenica abbiam visto scorrere un po’ di sangue per le strade, ma anche scioperi generali a ripetizione, manovre per correggere i conti (falsati prima della crisi e anche durante) ed elezioni a raffica per trovare una maggioranza credibile agli occhi della troika e della Germania. A volte, mi balena per la testa una domanda: non è che in Italia non si racconta con dovizia di particolari e assiduità ciò che accade sotto il Partenone, forse per non anticipare quel che accadrà da noi già nel prossimo autunno?

I disordini han cominciato a raggiungere anche le isole, dove grazie all’evasione fiscale la crisi ha colpito meno duramente. Non appena i finanzieri biancocelesti han rotto le scatole ai commercianti del posto, s’è scatenata una mezza rivolta. Il malfunzionamento di un paese intero, sommerso da debiti pubblici, ricorda parecchio quanto ha scritto Ayn Rand nel suo fantastico best-seller intitolato “La rivolta di Atlante”. Ambientato negli Usa (di cui si legge già sulla stampa di una prossima recessione), riguarda “la vicenda della compagnia ferroviaria Taggart Transcontinental che si incrocia con quella della nazione americana, la cui politica dirigista ne sta provocando il collasso. Hank Rearden, inventore di una speciale lega metallica, e Dagny Taggart, mente direttiva della Taggart, si persuadono dell’impossibilità di redimere un mondo che rifiuta la ragione quale mezzo di sopravvivenza e di progresso e decidono di aderire allo sciopero dei cervelli. Francisco D’Anconia e Ragnar Danneskjöld sposano il progetto di John Galt che vuole impedire lo sfruttamento delle menti produttive riunendole in una località inaccessibile”. Niente di nuovo direi, son solo fenomeni di evasione (fisica anziché fiscale) come succede sempre nella storia – che non è mai abbastanza maestra di vita – e a tutte le latitudini.

L’Italia, rispetto alla Grecia, ha due particolarità: primo, una quantità di risparmi enorme (pari a tre volte il debito pubblico, il che fa venire l’acquolina in bocca a Giuliano Amato); secondo, un sistema produttivo incomparabilmente più sviluppato di quello ellenico, anche se gli imprenditori han cominciato ad emigrare pure loro. Si tratta di due fattori che – per il momento – fungono da ammortizzatore sociale, ma che sono sottoposti a logoramento continuo, soprattutto da quando Mario Monti ha preso le redini del governo. Non è pensabile neppure che un paese eroda in continuazione i denari o i beni accumulati in decenni dai suoi abitanti, così come è altrettanto impensabile che un imprenditore sia disposto a farsi rapinare i due terzi del frutto del proprio lavoro per molto tempo.

Non a caso “le famiglie italiane sono sempre più povere. Una su quattro taglia anche sull’essenziale. I dati recenti han portato alla ribalta meno vacanzieri e meno code per i “saldi” di fine stagione. Gli ultimi dati dell’Istat parlano di soglie della povertà e disoccupazione in crescita e di un paese in cui lavora solo una persona su tre, il che rende improponibile ogni plausibile miglioramente futuro! Ogni giorno, domeniche comprese, sono circa una trentina/quarantina le aziende che gettano la spugna, affondano e spariscono, più o meno silenziosamente.

In tempi di magra (e non si vedono vie d’uscita a questa crisi se non si inverte decisamente la rotta di 180 gradi) non c’è neppure un clima da pace sociale nel “Belpaese”, dove si celebra uno sciopero ogni 6 ore, con picchi superiori da quando si sono  insediat i  professori al governo. La pletora di questuanti, di coloro che rivendicano un qualche diritto (trasformando spesso i propri bisogni in chissà quali diritti) è impressionante. Ed è un morbo quello all’insegna del “Lo Stato ci deve aiutare, il governo ci deve garantire” che ha intaccato ogni ambito della cosiddetta società civile, dove non c’è categoria di lavoratori (o finti tali) che non punti il dito contro i privilegi di un’altra categoria, dimenticando puntualmente i propri. E’ la materializzazione degli insegnamenti di Frédéric Bastiat che ci ha spiegato che “lo Stato è quella grande finzione in virtù della quale tutti cercano di vivere alle spalle di tutti”! Da settembre sarà anche peggio, lo ha paventato persino la Camusso, ormai sul piede di guerra.

Chi di voi ha avuto amici, o conoscenti, finiti nel tunnel della droga sa bene come costoro si comportano. Fin quando gli passate la dose se ne stanno tranquilli, ma quando iniziate a farli disintossicare (per via del fatto che a furia di farsi morirebbero prematuramente) danno fuori da matti causa l’astinenza. Ebbene, sostituite la parola droga a statalismo (debito, welfare state, prebende, privilegi) e il gioco è fatto. L’Italia è un ammasso di tossici, non esiste gruppo sociale che non riceva qualche briciola di carità (pagata a caro prezzo) da Pantalone.

La Grecia era strafatta, ora stan tentando di farla disintossicare (Samaras ha già chiesto tempo però), per questo sta scalpitando. Ma i drogati di debito non è detto che ce la possano fare.

 

*Link all’originale: http://www.lindipendenza.com/droga-debito-italia/

 

 

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