Le frontiere sono presidiate, l’esercito di mastini di grigio vestiti – corroborato da altri quadrupedi annusatori di banconote – sta dando una mano a “combattere l’evasione”, che secondo Monti ha portato “l’Italia in stato di guerra”. Vero! Anzi, per dirla con Oppenheimer, la guerra è scoppiata da tempo: si combatte tra chi produce ricchezza e lavora (e ha la semplice pretesa di portare i suoi guadagni in lidi sicuri) e la guerra fra chi quella ricchezza la consuma in maniera parassitaria, vivendo alle spalle degli altri, senza produrre null’altro che problemi, carte, regole assurde ed angherie per chi suda per davvero.
Fortunatamente, esistono diversi modi per sottrarre i propri beni alle locuste di Stato:ci sono “Aziende Finanziarie” ad hoc, ci sono banche con servizi per la bisogna, ci sono tragitti alternativi da percorrere, ma ci sono anche i vecchi, cari spalloni, quelli che ha elogiato finanche l’artista del vernacolo “laghée”, Davide Van de Sfross, dedicando loro la “Ninna nanna del contrabbandiere”. Un pezzo del testo recita: “Ninna Nanna, dormi figliolo, tuo papà ha un sacco in spalla e si arrampica sulla notte. Prega la luna di non farlo prendere, prega la stella di guardare dove va, prega il sentiero di portarmelo a casa…”.
Oggi faticherò poco! Mi approprierò di un breve saggio di Alberto Benagas Linch, membro del Cato Institute, che pubblicai in altra occasione, per tessere le lodi del contrabbando, ovvero di quel mestiere antico che è servito a far circolare quel che lo Stato vietava. Eccolo a voi:
“In questo scritto non voglio parlare di tasse (la politica fiscale è una questione per un’altra discussione), ma di tariffe e dazi che bloccano e ostacolano l’ingresso delle merci (anche il denaro lo è, ndr) da un paese estero più economico e con prezzi migliori all’estero che, chiaramente, comporta benefici per gli abitanti locali e che libera risorse umane e materiali utilizzati per la produzione di altri beni e servizi. Mariano Moreno, pensatore argentino del passato, ha detto che il contrabbando è un “surrogato del libero commercio”. Senza dubbio non esisterebbe il contrabbando se non si frapponessero ostacoli alla libera circolazione delle merci. Avviene solo se i politici hanno imposto restrizioni.
Da qui l’elogio del contrabbando (in origine contro un bando militare), che è decisamente vantaggioso.
E’ davvero un imbarazzante spettacolo quello impersonato dal “doganiere”, che rappresenta la ridicola filosofia che far circolare merci a prezzi inferiori pregiudica la ricchezza della gente locale oppure, che per farla circolare è necessario pagare una tangente! E’ tragicomico quando il nuovo emblema della “Gestapo” chiede ad un passante se quelli che porta sono prodotti ad uso personale o no!
Personalmente la più grande disgrazia del viaggiatore sono le dogane. Mi affliggono psicologicamente e moralmente. Veder controllare la borsa ad una persona prima di me mi colpisce perché è una umiliazione ed una invasione insolente della vita privata. E non si dica che è per impedire l’ingresso di armi, dato che per questo esistono apparecchi laser per risolvere ogni problema di sicurezza. Naturalmente per comprendere gli effetti nefasti del contrabbando è essenziale che noi comprendiamo i vantaggi del libero scambio.
L’eliminazione dei dazi e delle tariffe procurano lo stesso effetto di un aumento della produttività:gli investimenti per unità di produzione diminuisce ed prodotti disponibili sono offerti in maggiore quantità. Poiché le risorse sono scarse e le esigenze sono illimitate, i fattori produttivi utilizzati nella fabbricazione di merci più costose e di qualità inferiore sono liberate per produrre altri beni e servizi disponibili. Conseguenza? Un miglioramento del tenore di vita. Quando mai capiranno che i produttori sono al servizio delle persone e non viceversa. Cioè, se i locali sono limitati nelle loro esportazioni in un determinato paese va vietato l’ingresso dei prodotti di quel paese nel nome di una “reciprocità” assai dannosa, che farà del male due volte: una volta perchè non permette di vendere e un’altra volta perchè non permette di comprare. Non c’è dubbio che un paese che sceglie l’autarchia è destinato a impoverirsi. Esportazioni ed importazioni sono entrambi rami della stessa operazione. Se un prodotto ha bisogno di sussidi (o limitazioni, ndr) per esistere sul mercato significa che esso è una bufala destinato a prodursi e commercializzarsi a spese degli altri.
In ultima analisi, sono il nazionalismo xenofobo e le culture chiuse su sé stesse i responsabili delle barriere doganali, spesso al servizio di lobby affaristiche protezioniste, che non fanno altro che impoverire le classi più deboli.
Infine, si sostiene che i governi, come misura precauzionale, dovrebbero prendere provvedimenti detti “protezionistici”, in risposta alle barriere imposte da altri paesi. Cioè, se i locali sono limitati nelle loro esportazioni in un determinato paese va vietato l’ingresso dei prodotti di quel paese nel nome di una “reciprocità” assai dannosa, che farà del male due volte: una volta perchè non permette di vendere e un’altra volta perchè non permette di comprare. Non c’è dubbio che un paese che sceglie l’autarchia è destinato a impoverirsi. Esportazioni ed importazioni sono entrambi rami della stessa operazione. Per i motivi suddetti nonché per motivi di auto-difesa contro gli attacchi da parte delle burocrazie, i contrabbandieri sembrano essere benefattori dei consumatori e contribuiscono al benessere del paese in cui operano, sebbene senza dubbio la misura migliore è quella di consentire il libero commercio tra gli individui e le imprese con sede in luoghi diversi del pianeta.
Invece, i governi, teoricamente nati per proteggere da ogni limitazione dei diritti individuali servono solo per intercettare e distruggere il commercio (e la libera circolazione dei capitali, ndr) e somigliano molto ai vigili del fuoco in Fahrenheit 451, il romanzo di Ray Bradbury, in cui appiccano gli incendi anziché spegnerli”.
Il resto è invidia, monopolio e tirannia!
*Link all’originale: http://www.lindipendenza.com/elogio-contrabbando/