Continuando idealmente il discorso sulle cosiddette risorse naturali, ci chiediamo come possono essere quantificate per capire quale attendibilità possono avere le varie previsioni che le danno prossime alla fine. Per alcune di queste previsioni le risorse dovrebbero già essere terminate da un pezzo e dovremmo essere tornati all’età della pietra. Il che, è piuttosto evidente, non è. A proposito di età della pietra, chissà se qualcuno ne ha tenuto conto nelle sue stime.
Come abbiamo visto nel nostro precedente articolo le risorse naturali non esistono, se non quando è l’uomo a definirle tali, quindi citiamo ancora il classico esempio del petrolio che 150 anni fa era un’inutile poltiglia ed ora preziosissima risorsa. Già questo fa capire come una stima del totale delle risorse a disposizione dell’uomo è abbastanza aleatoria. Per precisione, tutti i numeri che ci vengono dati sono stime in base ai dati che possediamo in un dato momento. Per esempio fino a qualche anno fa non sapevamo del petrolio in Basilicata. Oltre ai numeri dei vari depositi si ipotizzano quelli ancora da scoprire e potete immaginare che quest’ultimo numero è quantomeno incerto.
Tornando al problema della quantificazione, come possiamo quantificare una risorsa se siamo noi a definirla tale? Il problema è proprio questo. Facciamo l’esempio del petrolio. Non troppi anni fa il prezzo del barile era intorno ai 20$ e non rendeva conveniente l’estrazione in pozzi profondi o in zone disagiate tipo profondità marine e zone artiche. A 100$ al barile si sono potuti mettere a produzione molti più pozzi anche in condizioni meno vantaggiose perché i costi maggiori sono compensati dai prezzi di vendita più elevati. Le risorse sono aumentate? Due anni fa c’è stato l’incidente della piattaforma nel Golfo del Messico che ha evidenziato delle difficoltà nell’estrazione di petrolio a profondità elevate. Quei depositi vanno inclusi nel computo globale? Alla fine sarà una scelta legislativa a dire se si potrà continuare ad estrarre quel petrolio ed accade la stessa cosa in Alaska dove gli ecologisti bloccano le trivellazioni. Li includiamo quei depositi? Può anche essere vero che al momento non sono sfruttabili per motivi legali o tecnici, ma lo saranno anche in futuro? Questo semplice esempio mette bene in evidenza i problemi che bisogna affrontare per stimare la fine delle cosiddette risorse naturali. Un ulteriore esempio ci è fornito dal prof. Bramoullé, che in una sua conferenza in Torino citava la presenza di scisti bituminosi in Francia in quantità tale da rappresentare una sorta di assicurazione per il futuro energetico della Francia. Stime diverse? In parte. Il problema degli scisti è che ancora costoso sfruttarli, ma se un domani grazie a qualche evoluzione tecnica o più semplicemente perché altre risorse si esauriranno diverranno d’un tratto una potente fonte energetica.
L’errore di tutte le stime sulla finitezza delle risorse naturali è che si stima qualcosa che è indefinito. Senza volere essere disonesti è chiaro che in una stima se inserisco gli scisti ottengo un numero, se non li includo ne ottengo un altra. Mi viene in mente un esempio più divertente. Io provengo dalla Puglia e lì siamo abituati a mangiare lumache e quindi io suggerirei di includerle nello stock delle risorse alimentari, qualcun’altro potrebbe non includerle. Chi sbaglia? Altro fondamentale problema è la tecnologia o più genericamente l’inventiva umana. Ora dagli scisti si riesce a ricavare gas, mentre qualche anno fa non era possibile. E domani chi ci dice che non ci inventeremo qualcos’altro?
Un’ulteriore problema della stima sulla fine delle risorse è il lato dei consumi. Chi aveva fatto la stima negli anni 70 aveva previsto il boom della Cina e degli altri paesi emergenti? O la crisi del 2008 con un crollo di produzione e consumi? O trenta anni fa si poteva prevedere l’uso di massa dei condizionatori? Se guardiamo i consumi di acciaio negli ultimi anni notiamo un crollo superiore al 30% nel 2009, che è una variazione non da poco. Anche la struttura dei consumi non rimane costante. Pensiamo ai cellulari, ai computer, a tutti gli altri ammennicoli tecnologici e ai pannelli solari e come abbiano fatto variare la quantità e varietà dei materiali utilizzati con un’impennata dei consumi di silicio e rame. Se ipotizziamo un successo dei lettori elettronici di libri, possiamo immaginare un crollo dei consumi di carta e di conseguenza una maggior disponibilità di legno per altri usi. Ci potrebbe essere una diminuzione del prezzo del legname e un suo maggior uso nella produzione di mobili. Oggi possiamo ipotizzare tale scenario e non sappiamo ancora quanto si verificherà, ma qualche anno fa chi ci pensava?
Un’ultima considerazione riguarda le risorse che hanno un ciclo di rinnovo breve che sono tutte quelle di origine animale e vegetale e l’acqua. Se preleviamo un certo quantità di risorse queste si rinnovano. Superato un certo limite mettiamo in crisi le capacità di rinnovo. Un esempio ci è dato dal tentativo di limitare il pescato.
L’acqua ha un ciclo legato all’evaporazione e alle precipitazioni ed anche le sorgenti tendono a rinnovarsi perché alla fine costituite dall’acqua piovana che filtra nel terreno. Il problema dell’acqua è la potabilità ed è chiaro che bisogna evitare di inquinarla. La moda attuale dell’acqua che la descrive come destinata a diventare risorsa scarsa bisognerebbe valutarla con attenzione. Pensate cosa succederebbe se dividessimo il circuito dell’acqua potabile da quello dell’acqua per servizi igienici. Un’operazione del genere sicuramente costosa e complessa permetterebbe di moltiplicare l’acqua a disposizione. Alcuni alberghi hanno già implementato qualcosa del genere usando l’acqua di scarico dei lavandini e delle docce, dopo un trattamento, per innaffiare i giardini. A Parigi esiste un doppio circuito per l’acqua risalente addirittura all’800; in uno circola acqua potabile, mentre nell’altra circola acqua presa dalla Senna e dal canale dell’Ourcq che serve al lavaggio delle strade parigine.
Tutto questo fa nascere seri dubbi quando si parla di fine delle risorse. Fare stime del genere è utile a dare indicazioni nel breve termine, ma non può costituire una base certa per decisioni a più lungo termine. L’uniche vere risorse sono il lavoro e l’intelligenza dell’uomo e ci si dovrebbe preoccupare più del calo demografico e dell’invecchiamento della popolazione e non della fine delle cosiddette risorse naturali.
*Link all’originale: http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_content&task=view&id=34942
In Italia esistono centinaia di migliaia di ettari di terreno coltivabile che non viene sfruttato perchè lo stato
paga i proprietari per lasciarlo com’è
aggiornati che il set aside è finito da un pezzo
Non dannatevi la vita per scrivere di petrolio,.. il vero problema è il cibo! … e l’Italia è mesa molto ma molto male con un import del 50%.
Guardatevi le arrampicate che stanno facendo le quotazioni delle grains sui mercati internazionali….. e siamo solo all’aperitivo.
Di energia ce n’è e ne avremo sempre, l’unico problema forse, le terre rare che i cinesi ci faranno sputare veleno per averle un domani.