I partiti non hanno nulla da guadagnare nel ‘camuffarsì da liste civiche. Al contrario, i politologi ”bocciano” l’ipotesi di liste civiche per superare l’impasse che vivono i partiti tradizionali, tra crisi di identità e calo dell’elettorato: una sorta di «autodelegittimazione», indice di una debolezza della politica che tenta escamotage e travestimenti mentre invece dovrebbe, nelle interpretazioni più spinte, arretrare a vantaggio di una più sana antipolitica. E tutti, interpellati dall’Adnkronos, invitano a non farsi ingannare da specchietti per le allodole, che non serviranno a contenere, neanche solo da un punto di vista numerico, l’emorragia dei consensi. I partiti, sostiene Alessandro Campi, docente di Storia della politica all’Università di Perugia «ammettendo di non essere in grado con le proprie strutture, programmi e uomini di stimolare l’opinione pubblica per attirare consensi e di avere un rapporto virtuoso, organico e continuativo con la base» rischiano «di farsi male da soli».
«Non so quanto possano effetivamente recuperare di consensi attraverso questo strumento – spiega – e che il ricorso a liste civiche o civetta possa contenere il danno è un ragionamento forse troppo ottimistico». E poi «per 20 anni abbiamo detto che il problema del sistema politico italiano era di semplificare offerta e superare la frammentazione. Ora amplificare a dismisura l’offerta è anche questa un’ammissione di fallimento». «Chi è a disagio con i partiti non li vota in maniera surrettizia» sottolinea Campi, e anche da un punto di vista solo contabile non è detto che si crei una «sommatoria virtuosa» dei voti. Si tatta poi di una tendenza anacronistica, dato che, avverte il politologo, è «un copione che 20 anni fa poteva avere un senso, con l’apertura alla società civile, ma che adesso suona strumentale e retorico». Campi evidenzia infine lo «strano sistema» in cui queste liste civiche «hanno molti padri nobili ma nessun candidato vero, nessuno che ci si impegna in prima persona». Così è in modo trasversale, fa notare, da Saviano a Berlusconi, da Montezemolo allo stesso Grillo: tutti «vogliono fare gli allenatori».
Per Sofia Ventura «le liste civiche a livello nazionale non hanno senso. Lo hanno avuto a livello locale in una fase, ma se fossimo un sano sistema politico non ne avremmo bisogno neanche a quel livello, perchè avremmo partiti in grado di gestire la politica. Già il perpetuarsi del civismo è indice di una debolezza della politica, o comunque di una politica che annaspa». «Che poi i partiti,vergognandosi di quello che sono stati, ricorrano a questo escamotage – aggiunge la politologa- mi sembra l’espressione della loro debolezza e della loro incapacità di rinnovarsi. Più che cercare di rifondarsi dall’interno mi sembra che vogliano usare escamotage per non andare a fondo del problema, che è il fatto che sono moribondi, non hanno vitalità e semplicemente raccattano voti». Ma anche a questo scopo potrebbero rivelarsi inutili. «Dubito che portino voti – spiega – non credo che gli elettori siano degli imbecilli. Se vuole essere uno specchietto per le allodole è talmente scoperto e naif da risultare quasi offensivo per l’intelligenza degli elettori, e non credo che riuscirebbero a recuperare quello che i partiti stanno perdendo». Diverso è il caso di «liste civiche vere e proprie, che avrebbero un senso maggiore rispetto a quelle prodotte da partiti, anche se comunque vale il fatto che non ci si può presentare davanti al Paese per governare senza avere alle spalle una struttura di partito: mettere insieme persone – avverte – dubito sia uno strumento efficace».
Si spinge oltre Leonardo Facco, autore di «Elogio dell’antipolitica» (Rubbettino) e da anni impegnato nell’osservazione dei movimenti politici italiani, con un occhio particolare alla Lega per le sue origini popolari. «I partiti – ammonisce – devono capire che devono arretrare sotto ogni aspetto e smettere di decidere della vita dei cittadini». «Penso che i partiti abbiano ben poco da recuperare, anche perchè veniamo da un ventennio emblematico – spiega – Quelli che reggeranno di più sono quelli più ideologizzati, come ad esempio il Pd, che viene da una lunga storia di militanza. Nel mondo del centrodestra credo che la speranza sia quella di lanciare qualche volto nuovo per tentare di recuperare la fiducia. Ma ce ne vuole per togliere dall’animo delle persone quel senso di antipolitica che è e rimane la soluzione». Attenzione dunque alle «liste civiche come specchietto per allodole. Sembra difficile un’operazione di travestimento attraverso una lista civica che richiami qualche valore di riferimento. Veniamo da un ventennio di sperienza molto negativa. Non basterà un marchio o attribuire a una lista civica un ruolo per potere disincantare la gente», conclude Facco.