L’evasione Irap non è un reato perché non si tratta di un’imposta sui redditi «in senso tecnico». Infatti, l’ammontare del tributo non versato al fisco non può essere oggetto di sequestro finalizzato alla confisca. E dunque dopo anni di dibattiti ci ha pensato la Suprema corte (sentenza n. 11147 di ieri) a mettere i puntini sulle “i” escludendo espressamente l’Irap dalle imposte sui redditi «in senso tecnico». Ed è proprio per questo che la terza sezione penale ha accolto uno dei motivi di ricorso presentati da un imprenditore che si era visto confiscare i conti per un ammontare di quasi un milione di euro calcolato sulla base dell’Iva e dell’Irap evase.
L’uomo era stato accusato di aver evaso l’Iva per via di un giro d’affari con delle cartiere. Quindi l’amministrazione finanziaria gli aveva contestato anche il mancato versamento dell’Irap. A questo punto, basando il calcolo su quanto omesso complessivamente le autorità avevano spiccato una sequestro finalizzato alla confisca per equivalente. Il Tribunale delle Libertà di Salerno aveva confermato la misura. Contro questa decisione il 55enne ha presentato ricorso alla suprema corte. Secondo la difesa erroneamente il sequestro è stato disposto fino a concorrenza del valore di 934mila euro, corrispondente, a quanto ricostruito dal Pm, alla somma tra l’asserito mancato pagamento dell’Irap sui redditi relativi al 2008 e l’importo dell’Iva che si assume incamerata indebitamente nello stesso anno.
Questa tesi è stata accolta dalla terza sezione penale che ha messo nero su bianco che «nella fattispecie in esame il Tribunale, per la quantificazione del profitto del reato, erroneamente ha tenuto conto anche dell’asserito mancato pagamento dell’Irap sui redditi relativi all’anno 2008, laddove la legge non conferisce rilevanza penale all’eventuale evasione dell’imposta regionale sulle attività produttive (non trattandosi di un’imposta sui redditi in senso tecnico) e le dichiarazioni costituenti l’oggetto materiale del reato di cui all’art. 2 del dlgs. n. 74/2000 sono solamente le dichiarazioni dei redditi e le dichiarazioni annuali Iva (vedi la Circolare del Ministero delle finanze n 154/E del 4 agosto 2000, che motiva l’esclusione della dichiarazione Irap con la natura reale di siffatta imposta, che perciò considera non incidente sul reddito)». Non basta, «l’ipotizzato art. 2», continuano gli Ermellini, «del dlgs. n. 74/2000 (che configura un reato di pericolo concreto) tutela il bene giuridico patrimoniale della percezione del tributo ed è all’indebito vantaggio d’imposta (sui redditi e dell’Iva), deducibile dalle correlate dichiarazioni annuali, che deve farsi riferimento per la individuazione del “profitto” del reato».
Dunque ora il Tribunale di Salerno dovrà rivedere la misura del sequestro ricordando che le misure ablative per equivalente non possono avere ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto del reato e in questo caso dal computo va senz’altro sottratto l’ammontare dell’Irap. Di diverso avviso la Procura generale della Suprema corte che ha chiesto invece l’inammissibilità del ricorso del contribuente.
*FONTE ORIGINALE: http://italiaoggi.it/news/dettaglio_news.asp?id=201203221735398107&chkAgenzie=ITALIAOGGI&sez=newsPP&titolo=Evadere+l%27Irap+non+%C3%A8+un+reato