NAIROBI – Sempre più paesi africani cominciano a prendere le distanze dagli aiuti umanitari, mentre il settore privato nazionale diventa il motore della crescita in gran parte del continente.
Attualmente, almeno un terzo dei paesi africani, tra cui Algeria, Guinea Equatoriale, Gabon e Libia, ricevono aiuti inferiori al 10 per cento del loro gettito fiscale: un cambiamento importante dopo anni di dipendenza dagli aiuti.
Questi paesi hanno fatto enormi progressi nel senso di sostituire gli aiuti con la mobilitazione delle risorse nazionali. In media, si stima che l’Africa sia riuscita ad aumentare le tasse pro capite di 441 dollari all’anno, mentre gli aiuti corrispondono a 41 dollari per persona all’anno, secondo la relazione generale sulla mobilitazione delle risorse africane di African Economic Outlook 2011
“Ciò significa che l’Africa nel complesso riceve aiuti inferiori al 10 per cento delle imposte riscosse”, afferma Ken Mwai, analista finanziario e investitore immobiliare in Kenya. “Sebbene gli aiuti superino il 10 per cento del gettito fiscale in 34 paesi, queste nazioni mostrano un progressivo aumento della base imponibile”.
“Tra questi, paesi come il Mozambico, che ha quasi raddoppiato il gettito fiscale, e la Liberia, le cui entrate fiscali, negli ultimi dieci anni, sono passate dal 6 a circa il 20 per cento”.
Il Botswana è un’altra economia forte, il cui sviluppo è in gran parte dovuto all’incremento delle entrate nazionali. Mentre paesi come il Ruanda, in Africa centro-orientale, pur ricevendo maggiori risorse dai donatori, punta anche molto sugli investimenti diretti esteri.
Mwai spiega che “lo sviluppo in Kenya è stato guidato dai donatori, ma gli aiuti sono serviti alla costruzione di infrastrutture sostenibili. Il risultato è stato la costruzione di strade moderne, come la superstrada Thika Road, che ha reso il mercato immobiliare estremamente redditizio nella regione.
“Ha attirato gli investitori privati e avrà un impatto positivo, diretto ed indiretto, sulle imposte, poiché la popolazione si stabilirà nell’area contribuendo all’espansione delle attività già esistenti”.
La strada è stata finanziata dalla Banca Africana di Sviluppo (AfDB), un’istituzione regionale multilaterale che promuove lo sviluppo economico e sociale in Africa.
L’Uganda dipende in larga misura dai fondi per lo sviluppo dei donatori. Ma come in Kenya, gli aiuti hanno portato alla costruzione di importanti infrastrutture, che hanno creato un ambiente favorevole agli investimenti privati.
“Negli ultimi due anni, il motore dell’economia ugandese è stata la crescita delle telecomunicazioni, l’edilizia e l’espansione delle istituzioni finanziarie, settori dominati dagli investitori privati e che producono il 54 per cento del PIL, mentre l’incidenza del settore agricolo è del 24 per cento”, dice Ken Ogwang, agente immobiliare socio della Kenya Private Sector Alliance (KEPSA), che vanta circa 60 imprese affiliate.
Delle 54 nazioni africane, gli aiuti superano le tasse solo in 12 paesi estremamente poveri, come il Niger. Ma grazie alla Strategia per lo Sviluppo Accelerato e la Riduzione della Povertà (ADPRS), elaborata dai paesi dell’Africa Occidentale per sostenere la crescita del settore privato, si prevede che le entrate addizionali risultato di questa crescita raddoppieranno l’attuale tasso di crescita del PIL, portandolo all’11,5 per cento.
I paesi africani democratici e politicamente stabili, come la Tanzania e il Madagascar, stanno rilanciando le risorse alternative principalmente attraverso gli aumenti fiscali, il commercio e i prestiti nazionali.
Gli aiuti hanno rappresentato la principale fonte di reddito in nazioni come la Tanzania, che, con 2,9 miliardi di dollari, è il maggior paese ricevente degli aiuti pubblici allo sviluppo (ODA). Ma gli economisti prevedono che i partenariati pubblico-privato in atto in Tanzania, renderanno il paese più indipendente.
Partnership che comprendono il corridoio per la crescita agricola in Africa meridionale (SAGCOT), una collaborazione tra pubblico e privato nell’agroindustria a sostegno dei piccoli agricoltori.
In Kenya, le imprese private leader come Safaricom, East African Breweries Limited e le banche private hanno ampliato la base imponibile del paese istituendo nuove filiali e, di conseguenza, aumentando il numero di persone che lavorano e che, perciò, pagano le tasse.
Safaricom è il principale operatore di telefonia mobile del Kenya. Nel 2011 la compagnia ha portato entrate fiscali pari a 58 milioni di dollari.
Secondo il Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), affinché i paesi africani raggiungano gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (MDGs) e mantengano le conquiste raggiunte, dovranno investire almeno il 25 per cento del PIL, e per questo occorre un risparmio nazionale più elevato. Gli MDGs sono una serie di obiettivi di sviluppo e riduzione della povertà concordati dai paesi membri delle Nazioni Unite nel 2000 e il cui raggiungimento è previsto entro il 2015.
Secondo Ogwang, agente immobiliare, “il settore privato ha contribuito al rialzo del PIL. La rovina dell’Africa è stata la dipendenza dall’agricoltura negli anni passati. Di conseguenza, ora i paesi africani stanno diversificando le loro economie, creando un ambiente proficuo per il settore privato. Le telecomunicazioni rappresentano già il settore principale dell’economia ugandese”. Il coinvolgimento del settore privato nella creazione di istituzioni educative rappresenta un’altra fonte di guadagno.
Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (UNESCO), in Sudafrica, Senegal e Nigeria vi è la maggiore concentrazione di queste istituzioni. Michael Sudarkasa, direttore generale di African Business Group, una società sudafricana che offre servizi di consulenza in economia, sviluppo e business, afferma che “mentre i governi africani devono ancora fare molto per incentivare i finanziamenti nazionali allo sviluppo, il settore privato sta puntando sempre di più agli investimenti delle imprese e alla collaborazione commerciale, per aiutare i governi africani a mettere in pratica le iniziative nazionali per lo sviluppo”.
Sudarkasa commenta che “l’esito finale della mobilitazione delle risorse nazionali e dei partenariati pubblico-privato è una maggiore indipendenza dell’Africa nell’agenda dello sviluppo del continente. E questo viene universalmente considerato una tendenza positiva”.