Correva l’anno 1982, l’anno in cui l’Italia vinse i mondiali. Che euforia… Il paese aveva davanti un decennio a tutto gas, nel segno un po’ di Ronald Reagan e un po’ di Margareth Thatcher. Finalmente, il “Belpaese” aveva buttato dietro le spalle quei pesantissimi Anni Settanta, fatti di piombo, contestazioni e “conquiste sociali”.
Eugenio Scalfari, socialista e giornalista di primissimo piano, venne chiamato a scrivere per l’Editoriale l’Espresso un saggio che raccontasse un pezzo di “Storia della Repubblica”, un saggio in punta di penna, da inserire niente po’ po’ di meno che nella “Enciclopedia politica dell’Italia”. Roba pesante, a futura memoria. Gli chiesero di raccontare il “miracolo economico”, quello che cominciò nel primissimo dopoguerra e che caratterizzò – successivamente, i mitici Anni Sessanta, fatti di tanto lavoro, ma anche di “Bella vita” e utilitarie di massa, di elettrodomestici e rock ‘ roll, due decenni di fabbrichette che spuntavano un po’ dovunque tra il nord-est ed il nord-ovest padano, fin giù nella grassa Emilia.
Il “Barbapapà” del giornalismo nostrano intitolò quello scritto “La lira vince l’Oscar della moneta”.
Perché ve ne parlo? Intanto, perché lo conosce quasi nessuno, dopodiché perché rileggerlo diventa di estrema attualità in questi tempi di recessione, tempi bui in cui lo stesso Scalfari che trent’anni fa prendeva atto che il boom economico andava ascritto alle poche leggi, alla poca burocrazia e al poco interventismo statale, ebbene oggi – con i suoi sermoni domenicali su “la Repubblica” – ci trita le palle per ricordare che l’evasore è un ladro, che l’evasore va combattuto, che l’evasore è un parassita, che viva i raid di Cortina.
Perdinci, ma di quali perle omaggiava i lettori di allora il fondatore di “Repubblica”? Riportiamo:
“Le caratteristiche del neocapitalismo, come si realizzò da noi in quei dieci anni a cavallo tra i Cinquanta e i Sessanta furono in breve i seguenti”. Scalfari ne cita 5 (vi invito a leggere gli altri quattro nei 3 documenti che vi allego sotto, ovvero l’articolo originale), ma quello che interessa di più a me è terzo: “Il sistema fiscale offriva larghissime possibilità di evasione. Le imposte personali sul reddito e quelle sugli utili d’impresa incidevano assai poco sulla materia imponibile. Del resto lo stesso volume della pubblica spesa, in percentuale rispetto al prodotto nazionale lordo, era ancora ristretto entro livelli tollerabili. La pompa aspirante del tesoro faceva ben modesta concorrenza alla domanda di capitali da parte dei privati, se confrontato con quanto avvenne poi ed avviene tuttora”.
Letto bene? Scalfari – che lungo tutte e tre le pagine pubblicate a sua firma plaude alla ritrovata ricchezza dell’Italia – ci ricorda che l’evasione fiscale fu uno dei fattori della crescita, del benessere, dello sviluppo!
Il 31 gennaio scorso, scegliamo una citazione tra le tante, questo “profeta dei radical-chic” ha scritto sul suo giornalone: “La lotta all’evasione può dare risorse e può far diminuire la pressione fiscale”. Non l’ho mai amato come personaggio, ma lo preferivo quando elogiava l’evasione fiscale.
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