In Economia

DI GIUSEPPE SANDRO MELA*

Questo post è indirizzato ai non addetti ai lavori. E’ quindi scritto in modo del tutto conviviale, cercando di evitare termini tecnici. Quindi, per cortesia, nessuno si scandalizzi. L’argomento sarebbe enorme: per contenerlo in un post sono state fatte delle draconiane semplificazioni e sono state omesse parti di grande rilevanza, ma forse non essenziali. Lo scopo è solo quello di famigliarizzare con alcuni aspetti di questa problematica.

Aver abolito lo studio della logica nelle scuole inferiori ha condotto ad un risultato del tutto negativo: si ignora l’importanza delle corrette definizioni dei termini e come una definizione debba essere enunciata.

La conseguenza é terribilmente banale. E’ del tutto comune leggere articoli o sentire discorsi che non definiscono le parole che usano, affidandosi per lo più all’intuito del lettore. ma questo sarebbe anche il meno: essendo indefinita la definizione, lo stesso termine assume significati differenti in differenti punti dell’esposto. Si genera in questa maniera un’incredibile confusione che concorre potentemente a lasciare nebulosi concetti che sarebbero davvero semplici, se esposti con ordine. Questo fenomeno ha il nome tecnico di “circiterismo“.

Una conseguenza del circiterismo é il sempre più frequente ricorso a scambiare la definizione con la descrizione del come una cosa funziona oppure di cosa essa serva. Un esempio può meglio chiarire ciò che stiamo per dire. Se entrate in un ufficio e chiede ad un impiegato chi é, lui vi risponderà quasi invariabilmente riportandovi cosa fa o sta facendo: «sono il cassiere», «sono il direttore», «sono l’idraulico». Cosa fa, non chi é.

Un esempio alquanto più raffinato, ma più pregnante, potrebbe essere il seguente: domandiamoci cosa sia una media aritmetica. Domanda banale, direte: la media aritmetica è la somma dei dati diviso il loro numero (Σx/n). Ma questo, altro non è che il modo con cui si calcola la media aritmetica. La definizione suona ben diversa. Definiamo come media aritmetica quel parametro M che minimizza la somma dei quadrati degli scarti di una serie di n dati: ossia, [Σ(x-M)*(x-M)]/n = minimo.

E’ nella definizione che sono esplicitati i postulati sui quali essa si fonda. In questo caso, per dirne una, le x devono essere misure continue, perché per ricavare M si dovrà calcolare una derivata prima. Ne consegue, inter alias, che dire che, se uno mangia un pollo ed un altro non ne mangia alcuno, in media si é mangiato mezzo pollo a testa  é una pura e semplice fesseria, perché i polli sono discreti e non continui. Non é lecito utilizzare la media aritmetica.

Adesso che ci siamo chiariti qualche idea metodologica, torniamo alle banche.

La cosa più semplice é andare a consultare un’enciclopedia e leggere cosa dice.

Usiamo Wikipedia  perché tutti la usano (avendo in essa l’ingenua fede di un bambino):

 «La banca è un’impresa privata che fornisce alla clientela mezzi di pagamento e di intermediazione finanziaria tra offerta e domanda di capitali, i primi provenienti per lo più dalle famiglie sotto forma di depositi ovvero crediti (es. risparmi), i secondi richiesti soprattutto dal settore impresario sotto forma di prestiti per far fronte ai propri investimenti.»

Soddisfatti? In caso positivo non proseguite a leggere questo post: non ne capireste nulla.

Wikipedia non fa altro che dire cosa fa una banca, non cosa é: quindi, da quanto essa riporta non si può né sapere cosa sia né perché faccia ciò che fa, a qual fine. Sembrerebbe quasi che lavorasse esclusivamente a fine di lucro senza svolgere alcuna funzione socialmente ed economicamente utile ed indispensabile.

 

Definiamo “banca” quell’entità che trasforma il credito a vista in credito a medio-lungo termine.

Di seguito tratteggeremo prima la fisiologia e quindi talune patologie delle banche. Patologie così diffuse da essere diventate parte integrante della definizione, che ne rimane così ampliata.

Ragioniamoci sopra.

Il denaro in conto corrente (o situazioni similari) ha la caratteristica di essere versabile o ritirabile a vista: il cliente con un bonifico oppure con un assegno preleva dalla banca un cifra che trasferisce altrove, secondo opportunità. Oppure, se vive in un paese civile, il cliente si presenta allo sportello e preleva in contante quanto ha sul conto. Lo svuota, oppure anche lo estingue, a piacer suo.

D’altra parte, quando una persona fisica o giuridica necessita di una certa somma per finanziare un suo investimento, potrebbe essere un mutuo per l’acquisto della casa oppure un finanziamento per rinnovare i macchinari oppure il magazzino, richiede una certa cifra che si impegna a rendere alla banca con gli interessi ma, soprattutto, in un lasso di tempo medio-lungo. La durata classica di un mutuo varia da dieci a venti anni, mentre un finanziamento per attività commerciali od industriali ha una durata che varia in termini medi dai tre ai cinque anni.

Se questo è chiaro, possiamo proseguire cercando di capire come la banca può operare questa alchimia. Si tratta di comprendere cosa significhi il timing e la sua fondamentale importanza.

In situazioni normali, la massa di denaro depositato e transabile a vista non ha tipicamente un turnover turbolento. In linea generale, ma varia da banca a banca e da tempo a tempo, la banca deve tenere liquido circa un decimo della massa totale per far fronte ai normali ed improvvisi deflussi, che sono ripianati da nuovi depositi. Quindi, fatto 100 l’ammontare totale dei depositi, può collocarne 90 in prestiti a medio-lungo termine. Questo meccanismo prende nome di “leva“. Nel caso portato ad esempio, la leva é eguale a dieci. Si capisce adesso perché alcune banche, come per esempio quelle svizzere, possono lavorare con leve molto maggiori: i liquidi che ricevono in deposito sono smobilitati molto meno vorticosamente rispetto a quelli delle banche di altre nazioni.

Per mettersi al sicuro da improbabili ma possibili ed imprevisti aumenti dei prelievi, le banche costituiscono una riserva liquida, o facilmente liquidabile, il cui ammontare é commensurato sulla richiesta massima logicamente riscontrabile. Un altro modo è costituito da una particolare forma di finanziamento a brevissimo che consiste in un prestito interbancario rimborsabile in termini di giorni. Si consideri anche che il mantenimento di scorte liquide é un costo non indifferente per l’Istituto di credito, che cerca quindi di minimizzarle.

Questa riserva liquida non dovrebbe essere confusa con il capitale o le riserve della banca. Se la situazione economica fosse florida e perfetta, da molti punti di vista esso sarebbe del tutto inutile, perché i versamenti bilancerebbero in brevissimo termine i prelievi o, comunque, quasi mai sincroni, tutti nello stesso giorno o per cifre di rilievo.

La funzione di riserve e capitale diventa evidente invece quando la situazione non è più in equilibrio, per un qualsivoglia motivo.

Una prima evenienza da tenere sempre presente è che dei prestiti erogati potrebbero entrare in sofferenza. La persona fisica o giuridica che ha ricevuto un prestito non ha più i mezzi per continuare a pagare le rate di rimborso. In questa situazione la banca registra una perdita secca ed immediata. Quasi invariabilmente le sofferenze sono irredimibili. Non solo l’inadempiente non paga qualche rata, ma é del tutto fallito, e non é più in grado di rifondere alcunché. Se la banca ha erogato il prestito valutandone attentamente i rischi, si è senz’altro salvaguardata richiedendo delle garanzie, ma queste spesso sono di realizzo lento nel tempo, e non sempre completo. Se poi si instaura un contenzioso, i tempi della così detta giustizia possono essere letali. In periodi di crisi o depressione, le garanzie potrebbe aver anche grandemente perso il valore cui erano state stimate.

Una seconda evenienza da tenere sempre presente é una corsa agli sportelli, per qualsiasi motivo essa prenda luogo. Motivata o meno, causa un’immediata e repentina crisi di liquidità: la banca é illiquida ma solvente. Tuttavia, se non trovasse liquidità sull’interbancario o altrove, rischierebbe davvero l’insolvenza, ossia il fallimento. Questo è il meccanismo principale che porta al fallimento un sistema bancario coinvolto in una severa crisi economica oppure in una depressione.

Una terza evenienza, da tenere sempre presente é, per le banche che effettuano trading proprietario, il rimanere coinvolte in una profonda crisi di mercato che rendesse i titoli in portafoglio così ridotti di valore da obbligare a cospicui ripiani per i quali servirebbero considerevoli riserve liquidità, spesso assenti.

Una quarta evenienza da tenere sempre presente é subdola, molto subdola. Le banche di un Paese afflitto da un pesante debito sovrano, delle famiglie e delle imprese sono quasi invariabilmente costrette per dettame di legge ad inserire nelle proprie riserve titoli di stato di valore nominale molto più alto rispetto a quello di mercato. In altri termini, sono obbligate a tesaurizzare come riserve titoli di scarso o nullo valore, e comunque sopravalutati nei bilanci od illiquidi se messi improvvisamente sul mercato per un immediato realizzo. In altri termini, sono costrette ad erogare denaro fresco e buono allo Stato in cambio di titoli quasi senza valore. Si noti che in queste situazioni, imponendo lo Stato una sorta di prelievo forzoso nei confronti delle banche alle quali corrisponde titoli inconsistenti, sarà lo Stato stesso a spingerle a procurarsi liquidità senza andare troppo per il sottile, spesso fingendo di non vedere illeciti o illegalità. Questa evenienza sottomina la solvibilità dell’intero sistema bancario, rendendolo oltremodo fragile al minimo transitorio.

Questa é la situazione idilliaca. Vediamo ora nella pratica solo qualche altro aspetto, tanto per dare l’idea. Sono forme di patologia bancaria.

a. Quasi ogni banca che si rispetti opera un trading in proprio: hanno ingenti capitali, accesso alle informazioni, e possibilità di investire in sofisticati sistemi informatici e personale altamente qualificato, che viene remunerato con una percentuale sulle operazioni positive compiute. Questo determina alcune conseguenze. In primo luogo, distoglie capitale dalla sua naturale destinazione, gli investimenti produttivi, nel settore speculativo. Operazione molto più remunerativa ed a basso orizzonte temporale. La resa supera di gran lunga quella dei prestiti alla clientela, e così la banca si trasforma inesorabilmente da prestatrice a speculatrice. Fino a quando le cose vanno bene, si intende.

b. Per ottenere una maggiore quantità di denaro da investire, la banca inizia ad emettere titoli virtualmente scollegati da un qualche bene tangibile. Anche se segnalati come obbligazioni, questi titoli assomigliano strettamente a delle cambiali emesse sulla sola fiducia. Per allargare il campo, la banca emette o patrocina una lunga serie di diverse tipologie di derivati. Un esempio di attualità. Le grandi banche emettono dei Cds (credit default swaps), ossia un accordo tra un acquirente ed un venditore per mezzo del quale il compratore paga un premio periodico a fronte di un pagamento da parte del venditore in occasione di un evento relativo ad un credito, per esempio un default. In altri termini, la banca stipula un sorta di polizza assicurativa. Ma i Cds possono essere legati o meno (naked) a delle obbligazioni, possono anche essere allocate sul mercato come mero titolo speculativo. Ne consegue che il valore totale di questa massa di Cds può diventare in breve astronomica, con un immenso guadagno, perché si incassano le polizze, ma con un altrettanto immenso pericolo. Il tragico avviene quando succedesse l’evento: la banca non avrebbe la minima copertura per far fronte ai propri impegni.

c. Quando un banca finanzia un muto da per scontato che il valore dell’immobile resti costante nel tempo e che solo una limitata percentuale dei mutuatari esperisca difficoltà nei pagamenti. Ma ciò non è detto, come dimostra l’esperienza dei subprime. Allora cartolarizzano, ossia raggruppano un certo numero di mutui immobiliari, li vendono ad una società di comodo da loro stessi fondata ed a capitale infimo, che emette obbligazioni basate su questi mutui, li colloca sul mercato e finanzia così indietro la banca, che ottiene nuova liquidità. Anche qui il gioco regge se e solo se il sistema economico regge.

Non si vuole tediare il lettore con altri esempi. La sostanza in ogni caso è una sola: tutta questa pletora di debiti allocati nel medio-lungo termine sono un massa monetaria virtuale enormemente più grande dei depositi e delle riserve. Fino a tanto che tutto va bene, quasi non ci se ne accorge, ma appena qualcuno cercasse di monetizzare i nodi vengono al pettine, per il semplice motivo che non esiste, né può esistere, una massa monetaria di tale enormità.

Questa bolla é in continua crescita, ed un giorno o l’altro é destinata a scoppiare. L’evento non passerà inosservato. Sia ben chiaro: non diciamo questa frase quali cassandre acide. La abbiamo detta perché la gente comune non si faccia trovare con le mani nella marmellata quando accadrà l’evento.

 La definizione che abbiamo dato dovrebbe essere estesa anche a queste funzioni patoloche, perché sono diventate anch’esse di norma.

Adesso possiamo fare alcune considerazioni.

0. Considerazione preliminare é che in ogni Stato esiste un ponderoso corpo giuridico che irreggimenta il sistema creditizio in modo spesso fin troppo rigido. In altri termini, questo sistema non é libero di operare secondo convenienza. Si distingua e si discerna bene tra una lecita e doverosa regolamentazione ed una legislazione che invece distorce il mercato obbligando gli operatori a scelte anti-economiche, che deprivano il sistema della libertà di cui dovrebbe godere. Si sono regolamentate le minuzie senza porre un drastico limite al trading interno oppure all’emissione di debito non garantito, tanto per fare solo alcuni esempi.

1. Le tanto vituperate banche svolgono un ruolo di fondamentale importanza nella trasformazione e gestione del credito da brevissimo a medio-lungo termine.

2. Sicuramente è importante un’oculata gestione ed uno scaltro allocamento dei crediti concessi, tuttavia queste caratteristiche sono necessarie ma non sufficienti.

3. Se varia a qualsiasi titolo il contesto operativo, le banche rivelano tutta la loro intrinseca fragilità, e sono tra le prime entità a subire gli effetti di crisi o, peggio, depressioni.

4. Un deterioramento della situazione economica comporta invariabilmente l’aumento delle sofferenze.

5. Un deterioramento della situazione economica comporta altresì non solo una riduzione dell’ammontare dei depositi, ma soprattutto un innalzamento del turnover del liquido, da cui sovraesposizione nell’uso della leva, che improvvisamente si rivela eccessiva.

6. Queste situazioni innescano un circolo vizioso, perché alla riduzione della massa depositata ed all’innalzamento del suo turnover consegue immediatamente la necessità di ridurre, anche drasticamente, l’effetto leva, riduzione che determina ed amplifica una diminuzione della possibilità di impegni sul medio-lungo termine, con restrizione del credito a famiglie ed imprese ed un innalzamento dei tassi di interesse.

7. Si comprende infine quanto sia temibile un effetto di panico incontrollato, con corsa agli sportelli. Al di là della causa che lo abbia generato, un repentino ritiro delle liquidità depositate può ridurre in brevissimo termine una banca, peraltro ben gestita e sana, in una situazione completamente illiquida, ancorché solvente. Di lì l fallimento il passo è breve, specie poi se le scorte delle banche sono costituite da titoli sovrastimati e scarsamente appetibili.

8. Se quanto su detto dovesse accadere nel bel mezzo di una crisi o, peggio, durante una fase depressiva, la banca sotto tiro non avrebbe la possibilità di ricorrere al credito interbancario, perché esausto: di conseguenza è destinata al fallimento, con tutte le relative conseguenze.

9. Adesso risulta evidente la necessità che la Banca centrale intervenga ad erogare liquidità alle situazioni illiquide, ma ancora perfettamente solventi. (Cosa ben diversa da finanziamenti a pioggia).

10. L’ideale sarebbe, ma quasi invariabilmente le legislazioni lo ostacolano od anche espressamente lo avversano, che le banche riducessero la leva prima di una crisi innalzando nel contempo le riserve liquide, operazioni quasi impossibili nel bel mezzo dell’evento economico. Altrettanto utile sarebbe che le banche tornassero a fare il loro lavoro di prestatrici, abbandonando le attività speculative e/o assicurative.

11. Risulta ancor più evidente l’attuale precarietà del nostro sistema creditizio. Per attenuare la crisi di liquidità attuale, BCE concede prestiti, anche molto consistenti,  a scadenza triennale ed a basso tasso di interesse. Tuttavia questo é un duplice onere per il sistema bancario: un debito da rendere ed una liquidità che, per tacito accordo, serve loro per acquisire ulteriori quantità di titoli di stato in odore di insolvibilità. In una situazione come questa sarebbe illusorio credere che le liquidità immesse nel sistema vadano a stimolare l’economia reale.

12. Se consideriamo adesso anche gli effetti legati alla moltiplicazione del debito bancario con generazione di moneta virtuale, la precarietà del sistema creditizio appare in tutta la sua cruda evidenza. Il problema monetario si accoppierebbe al timing con un effetto deflagrante immane.

13. Come conclusione operativa, esortiamo a scegliere con cura l’istituto di credito cui affidare i nostri denari.

Conclusioni.

Sistema creditizio ed economia reale sono, per definizione, in un stato di equilibrio metastabile anche in situazioni normali e con banche sane. Basta ben poco per destabilizzare il sistema, con tutte le conseguenze. Questa é la ragione per cui i confini tra crisi, depressioni e default sono davvero labili. Se poi ci si trova, come adesso, in situazioni economicamente instabili e con banche patologiche, la possibilità di fallimenti improvvisi é ancora più probabile.

Quanto su delineato a grandi linee, e ricorrendo a super-semplificazioni, dovrebbe essere sufficiente per comprendere gli attuali problemi del nostro sistema creditizio e della sua sostanziale precarietà. Nel contempo, dovrebbe servire a rendere molto, molto più cauti nell’esprimere giudizi tranchant sulle banche e sull’operato delle Banche centrali. Nel contempo però, é altrettanto chiaro che molti establishment bancari hanno perpetrato, e tuttora perpetrano, dei veri e propri crimini economici, ancorché non esplicitamente previsti dai codici penali.

A ben pensarci sembrerebbero essere molto più responsabili i politici rispetto ai banchieri, anche se è ben noto che gli errori son orfani. Ma non sarà esente da resposabilità chi avrà depositato i suoi averi in una banca che presenti le patologie su menzionate.

Nota.

E’ evidente la super-semplificazione espositiva. Non sono state considerate le banche di investimento, i problemi delle valute, la detenzione di titoli esteri, l’esposizione in altri Stati sovrani, la componente assicurativa che peculiarizza molti istituti di credito, e così via. Sarebbe suggeribile cercare di evitare i facili quanto stantii sofismi di rito per concentrarsi sui problemi reali: crediti a differente timing, intrinseca fragilità del sistema, esagerata esposizione debitoria. Questo post non surroga un trattato di tecnica bancaria.

Trattati di utile lettura per inquadrare la problematica.

Diamond J. Collapse. How Societies choose to fail or succeed. New York. 2011

Greenspan A. The age of Turbulence. Penguin Press. New York. 2007

Krugman P. The Return of Depression Economics. 1999.

Reinhart CM & Rogoff KS. This Time Is Different: Eight Centuries of Financial Folly. Princeton University Press. 2009

Roubini R & Mihm S. Crisis Economics. A Crash Course in the Future of Finance. Penguin Press. New York. 2010.

Banfi A. Economia e gestione della banca. McGraw-Hill Companies. 2010

                Ringraziamenti.

Pur essendo l’Autore il responsabile di quanto riportato, nel bene e nel male, é doveroso ringraziare le numerose persone che hanno consentito di migliorare nella forma e nella sostanza questo post, anche se non lo condividevano in toto. Li elenco uno per uno in ordine alfabetico, omettendo i titoli: Baudo Giovanni, Callegari Mario, Canepa Tullio, Frisiani Duccio, Girardi Otello, Rebuffo Paolo e Rossi Andrea. Auguro di cuore a tutti i Lettori di poter avere vicino degli Amici così preparati e di così grande dimensione umana.

 

 

*Link all’originale: http://www.rischiocalcolato.it/2012/02/lintrinseca-fragilita-delle-banche-causa-prima-dei-loro-fallimenti.html

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Showing 3 comments
  • iano

    La banca è come la chiesa,”ci vai se ci credi”.Sempre meno gente ci crede,e sempre meno gente ci và!!Questo i banchieri l,hanno capito.E per risolvere il problema,si sono rivolti a un certo…Mario Monti,il quale ha in mente un “piano”per costringere la gente,ad andare in banca!!(correte gente correte)…

  • CARLO BUTTI

    Perfettamente d’accoprdo,caro Mario: il sistema bancario vigente si fonda sulla legalizzazione di atti maramaldeschi. Quanto alla definizione di banca riportata nell’articolo, si tratta di una definizione “ad hoc” per giustificare i maramaldi. Mi pare che in tutto questo la logica c’entri poco o nulla

  • mario

    Con ogni rispetto:

    “Definiamo “banca” quell’entità che trasforma il credito a vista in credito a medio-lungo termine.”

    Con l’intento di essere semplici e conviviali (apprezzabile), forse la semplificazione estrema vi ha fatto omettere il voluto “circiterismo“ giuridico sul quale si fonda la transustanzazione di un impresa da attività economica ad attività magica.(è estremamente seduttiva l’idea di poter disporre di una bacchetta magica in grado di stirare lo spazio ed il tempo per rendere ubiqui i beni presenti)

    Va da se che senza la “ridefinizione” ad hoc dell’istituto giuridico del deposito di beni fungibili non sarebbe possibile trasformare a medio-lungo termine ciò che con promessa di disponibilità a vista è stato versato.

    Se la causa di un contratto di deposito si trasforma in prestito per legge non ci si può stupire non solo della illiquidità ma anche del cogente stato di insolvenza a cui è impedito l’appalesarsi grazie ad un corpo di norme che si applicano solo alle imprese bancarie.
    Qualunque altro soggetto che prestasse beni, fungibili o meno ricevuti in custodia sarebbe imputabile quantomeno di appropriazione indebita o di emissione o di falsificazione documentale dolosa.

    Con la riserva frazionaria, garantita dalle norme, sotto il controllo delle banche centrali si genera NECESSARIAMENTE una incoerenza in diritto riassumibile dalle seguenti e ordinate motivazioni:

    Dal libro “Denaro, credito bancario e cicli economici” di Jesus Huerta de Soto
    SETTE POSSIBILITÀ DI CLASSIFICAZIONE GIURIDICA DEL CONTRATTO
    DI DEPOSITO BANCARIO CON RISERVA FRAZIONARIA
    1. C’è inganno o frode: delitto di appropriazione indebita e il contratto è nullo
    (origine storicamente viziata del deposito bancario con riserva frazionaria).
    2. Non c’è inganno, ma c’è errore nel negozio: contratto nullo.
    3. Non c’è errore nel negozio, ma ogni parte mantiene la sua causa tipica nel
    contratto: contratto nullo per causa essenzialmente incompatibile.
    4. Benché si accetti la compatibilità di cause incompatibili, il contratto è nullo
    essendo impossibile il suo adempimento (se non esiste una banca centrale).
    5. Argomento sussidiario: anche se si verificasse «la legge dei grandi numeri»
    (che non si verifica), sarebbe un contratto aleatorio (non sarebbe né
    contratto di deposito, né di prestito).
    6. Il contratto si realizza in base a un mandato amministrativo (privilegio) e al
    sostegno di una banca centrale che ha nazionalizzato la moneta e fabbrica
    liquidità.
    7. Il contratto, in ogni caso, è nullo in quanto produce gravi pregiudizi a terzi
    (crisi economiche aggravate dalla banca centrale), molto superiori ai danni
    che causa il falsificatore di moneta.

    Nessuno è cosi leggero da non prevedere che la banca possa prendere in prestito dei beni depositati a vista per usarli nell’attività di intermediazione, ma nel momento in cui si prestano i propri depositi è naturale perderne la disponibilità a vista. Quando si affitta un immobile se ne perde la disponibilità per il tempo previsto dal contratto, ad esempio. Non c’e’ nulla di male.

    Ma per prendere in prestito del danaro depositato in custodia è necessario chiedere al depositante di contrarre modificando la causa ed il contratto originario.
    Invece no, l’assurdo inconcepibile è che l’artificio giuridico crea la stessa situazione del proprietario di un immobile che volendo affittarlo si trova a perdere la proprietà dell’immobile e deve accontentarsi della pigione che il nuovo proprietario graziosamente intende offrire. Se il nuovo proprietario dovesse fallire deve accontentarsi di concorrrere con gli altri creditori alla liquidazione delle proprietà del fellone perchè non è più proprietario, ma ha solo un diritto da far valere in concorso.

    Ma questo non è diritto da sani di mente.
    Qui stà il problema, tutto il resto è noia e conseguenza.
    Ferme queste mie convinzioni l’articolo descrive comunque aspetti conseguenti importanti.
    Scusate la franchezza.

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