Questo è un estratto di una conferenza fondamentale in occasione del Mises Institute conference sui temi del professor Van Creveld.
Lo sfondo dello stato come lo conosciamo oggi è formato da guerre civili, anche se all’epoca, naturalmente, non venivano ancora chiamate civili. Le guerre senza fine tra i vari principati, alcuni dei quali Cristiani e gli altri Musulmani, che ebbero luogo nella Penisola Iberica durante il XV secolo; la Guerra delle Due Rose; le guerre di religione Francesi; e la Guerra dei Trent’Anni, che devastò gran parte della Germania e dell’Europa Centrale — tutte queste portarono così tanta morte e distruzione che, per terminarle, le persone erano persino pronte a controllare i loro appetiti. Come dissero figure come Jean Bodin e Thomas Hobbes, l’unico modo per portare la pace e la tranquillità era un governo assoluto investito in una sola persona. E tranquillità, più che altro, era quello che la gente voleva e quello che la storia sembrava richiedere.
Le comunità soggette al governo assoluto di un unico re o imperatore non erano, naturalmente, nulla di nuovo. Sono esistite come minimo sin dall’Antico Regno Egiziano; possono essere trovate in molti luoghi del mondo, a partire dal litorale Mediterraneo e procedendo attraverso la Mesopotamia e in Cina fino al Centro e Sud America. Ciò che ha reso diverso il sistema di governo che è emerso in Europa dopo la fine della Guerra dei Trent’anni è stato il fatto che si trattava di una corporazione. In precedenza, re ed imperatori erano una sola cosa con le organizzazioni che comandavano. Non c’era un regno di Pergamo; solo, traducendo la formulazione originale Greca, “quella parte di Asia [Minore] che appartiene ad Eumene”. Non c’era nessun esercito Bizantino; c’era l’esercito che seguiva l’Imperatore Bizantino, con il risultato che i soldati giuravano il loro giuramento di fedeltà non “all’impero”, ma ad ogni singolo imperatore che saliva al trono. Non si pagavano le tasse al Sacro Romano Impero; si pagavano le tasse all’Imperatore. Non esistevano strade “pubbliche”, solo quelle costruite dal re per uso personale sulle quali avrebbe potuto, se era gentile, permettere anche il passaggio ai suoi sudditi.
L’ASCESA
Un lettore che ha rilegato il mio libro per il Mises Review ritiene che la distinzione tra l’uomo e l’organizzazione “suona come un argomento di interesse solo per la dottrina giuridica e quella politica”. Non sono d’accordo. A mio parere, il fatto che lo Stato, a differenza di tutti i precedenti costrutti politici, sia stato in grado di separare il sovrano dall’organizzazione è stato il segreto del suo straordinario successo. Ciò che ha reso lo stato unico è stata la sostituzione del sovrano con un meccanismo fatto di leggi, regole e regolamenti astratto ed anonimo. Le leggi, le norme ed i regolamenti sono stati la cosa più importante, le persone che li hanno supervisionati e messi in pratica sono semplicemente accessori e, come disse una volta Stalin, sostituibili. Se non altro perché, essendo astratto, non poteva morire e lo stato era infinitamente più potente di quanto qualsiasi persona fisica (e, quindi, qualsiasi organizzazione politica precedente) potesse esserlo mai stato. Così potente, difatti, che si espanse in tutte le direzioni e in tutti i continenti fino a che, nel 1914, sette stati si condividevano praticamente tutta la terra.
Quasi a sottolineare questo punto, più il tempo passava, più diveniva simbolico il ruolo della persona che affermava di essere a capo dell’organizzazione e nel cui nome funzionava. Questo era vero quando il monarca era mezzo indolente e trascorreva il suo tempo a cacciare, come faceva Luigi XV di Francia, e anche quando era un indiavolato per il lavoro, come lo era Federico il Grande di Prussia; in una oligarchia relativamente libera come l’Inghilterra e sotto un dispotismo come la Russia. Nel lungo periodo i monarchi che riuscirono a conservare i loro troni furono quelli che vennero a patti con questi fatti; mentre coloro che rifiutarono di accettare questa circostanza finirono per perdere i loro regni e, non di rado, pure la testa. Lo Stato, però, sopravvisse e prosperò. In tutti i numerosi cambiamenti di regime che hanno caratterizzato la Francia nel XIX secolo, l’Amministrazione Statale rimase sostanzialmente la stessa; quando i vari Kaiser dovettero sloggiare nel 1918 le loro burocrazie andarono avanti quasi come prima, al punto che in Austria il titolo di “Hofrat “è ancora in uso. Come la serie TV “Yes Minister” ci ha mostrato così bene, erano questi funzionari e non i politici che in realtà gestivano il paese.
Nato dalla guerra civile, lo stato in origine era semplicemente una macchina per imporre pace e tranquillità. Durante gli ultimi anni del XVIII secolo, però, si è fuso col nazionalismo. Nelle mani di persone come lo Svizzero Baltheassar ed il Tedesco Herder, il nazionalismo iniziò come una nostalgia innocua per i propri costumi nativi che sembravano sul punto di essere spazzati via dall’universalismo dell’illuminazione; era un movimento culturale, non politico. Dopo, però, fu usurpato dallo stato che lo utilizzò allo scopo di riempire il suo vuoto morale. Così impiegato e, qualcuno direbbe, perturbato, il nazionalismo cambiò le sue abitudini, assumendo un carattere virulento, sciovinista ed aggressivo. Fornendo un obiettivo ed una bandiera — è con l’ausilio di nastri colorati che gli uomini sono guidati, come diceva Napoleone — il nazionalismo consentì allo stato di assimilare il popolo. Incanalando e concentrandosi sulle energie di quest’ultimo, lo sfruttò per i propri fini.
A dire il vero, né la retorica nazionalista, né i simboli da soli avrebbero potuto rafforzare la presa dello stato sulla persone nella misura in cui è avvenuta. Per costruire il suo dominio lo stato avrebbe fatto ricorso, e ha fatto ricorso, a tutti i mezzi disponibili. Ciò ha incluso la raccolta di informazioni sotto forma di statistiche (la parola stessa, significativamente, deriva da “stato”) e mappe; la costruzione di una burocrazia, in modo che solo negli Stati Uniti il numero dei Dipendenti Federali è aumentato da 3,000 nel 1800 a 230,000 nel 1913 e 3,100,000 nel 1945; l’imposizione di tasse che ha tolto una quota sempre maggiore di ricchezza dal popolo e l’ha concentrata nelle mani dello stato; l’istituzione di un monopolio sulla produzione di denaro; così come la regolazione del settore bancario; e la creazione di un sistema di istruzione e welfare statale. Ultimo ma non ultimo non per importanza, la costruzione ed il mantenimento di una forza di polizia e delle forze armate. La prima è stata utilizzata per sostenere tutto il resto; le seconde, per combattere altri della loro specie.
A dire il vero, anche il modo in cui è stato fatto tutto questo, ed anche il momento in cui è stato fatto, è variato nella forma da un paese all’altro. Con l’istituzione della Banca d’Inghilterra nel 1694, la Gran Bretagna ottenne un ruolo di comando nella conquista del denaro; ma chi ha mostrato la via in relazione alla creazione di una burocrazia che non era venale, e quindi completamente a disposizione dello stato, tuttavia, è stata la Prussia. La Francia, sotto Napoleone divenne il primo paese a gioire per una forza di polizia unificata ed operante in tutto il paese; ancora una volta la Germania era in testa riguardo l’istruzione obbligatoria universale. Di tutti i paesi Europei il progresso di Russia e Polonia era il più lento. La prima in realtà divenne uno stato — inteso nel senso di una società chiaramente separata dal sovrano — solo durante il diciannovesimo secolo. La seconda, non riuscendo a svilupparsi affatto in uno stato, finì per essere inghiottita dai suoi vicini. Prendendo un punto di vista successivo al 1945, tuttavia, possiamo vedere che queste differenze erano meno importanti delle somiglianze e che, infatti, la direzione in cui le cose si muovevano era la stessa in quasi tutti i luoghi — compresi quelli che erano stati inizialmente più decentrati e più democratici, come la Svizzera ed i Paesi Bassi. Questa è una forte indicazione di come quello sviluppo non era né casuale né arbitrario. Piuttosto, come già osservato, si trattava di un vasto processo storico determinato da enormi forze quasi uguali che agivano alla cieca e in modo anonimo con quasi nessun riguardo per i desideri dei singoli governanti, per quanto potenti e per quanto malvagi (agli occhi di alcuni) potessero essere.
Mentre lo stato concentrava sempre più potere nelle proprie mani, l’uso più importante per cui applicò questo potere fu il combattimento degli altri dello stesso genere. In tre anni di Rivoluzione Francese l’Europa era stata data alle fiamme. Salvo una breve interruzione (nel 1803) rimase così per 23 anni, con il risultato che forse due milioni di persone erano state uccise quando fu finalmente restaurata la pace nel 1815. Gli anni tra allora e il 1848 videro sforzi Erculei fatti per rimettere nella lampada il genio del nazionalismo, ed in effetti si potrebbe dire che, fintanto che durò il XIX secolo, questi sforzi non furono del tutto infruttuosi. Sebbene non fossero riusciti a prevenire singole guerre, in ogni caso non ci fu una ripetizione degli eventi del 1792-1815. Sebbene non riuscirono ad impedire massacri di civili, in ogni caso questi massacri erano limitati. Nel profondo, però, lo stato incoraggiava e stimolava con tutti i suoi mezzi a disposizione il fuoco del nazionalismo, che bruciava sempre più ferocemente. Già Hegel, come scrisse nel 1820, sosteneva che lo stato costituiva “il suono dei passi di Dio sulla terra”, non meno, e raccomandava la guerra come mezzo attraverso il quale avrebbe dovuto raggiungere i suoi obiettivi; i nazionalisti successivi andarono anche oltre. Quando si verificò l’esplosione tanto attesa, addirittura anticipata con ardore, mise in ombra tutte quelle precedenti. Tra il 1914 e il 1945 un totale di dieci anni di lotta — senza contare le numerose guerre più piccole in mezzo — lasciarono circa 80 milioni di persone morte. Tali furono i risultati della formazione dello stato.
Traduzione di Johnny Cloaca.blogspot
FINE PARTE PRIMA (segue)
Non ci sono tracce dell’Italia in questo articolo il che è consolante. Noi abbiamo inventato quasi tutte le cose importanti e fatto le grandi scoperte che hanno cambiato la storia ma nela genesi dello stato e dello statalismo abbiamo avuto parte marginae se non ridicola come nel ventennio. Siamo andati al traino, questo si, ho abbiamo lasciato fare a giovani esaltati ed eterodiretti. Sarebbe ora di riprendere il nostro posto e tornare ad essere i faro di civita che questa strana penisola è sempre stata.
@ Antonio:
Apprezzo quello che stai dicendo, ma la mia posizione politica è più articolata. Io sto per la possibilità da parte degli abitanti di un determinato luogo di scegliere chi vi entra, non per un blocco a priori. Purché i costi vengano sostenuti da chi ospita gli immigrati, non sono contrario all’ingresso. Questo è il contrario di quello che succede oggi.
pedante,
le tue convinzioni razziali sono tipicamente di estrema dx. e´ una constatazione, non un giudizio.
@ amministrazione:
Oggi quando ho tentato di accedere a questo sito, mi è apparso un malware warning da Google. A quanto pare, rischio il computer frequentandovi. Significa che contate per qualcuno!
D’accordo sulla sponsorizzazione statale del colonialismo, ma che ne dite voi del progetto multiculturale di quest’epoca? Certo, la colpa non è dei nuovi arrivati, farei lo stesso anch’io, però chi è che ha lasciato la porta aperta? Se gli stati investono fior di quattrini per “combattere l’odio” (ossimoro degno di Orwell), c’è da fidarsi delle loro intenzioni benevole?
i nuovi arrivati? deflazionare il costo del lavoro… o la montagna va da maometto o maometto va alla montagna… liberismo.
@ Antonio:
Spetta allo Stato, monopolista territoriale, determinare chi entra e chi esce. Deflazionare il costo del lavoro sarebbe legittimo, se le spese dell’immigrazione non fossero socializzate! Ma poi, questo discorso va al di sopra delle questioni meramente economiche. A casa mia, non lascerei entrare chiunque, nemmeno fossi pagato!
beh, abbiamo capito che la tua posizione è molto poco liberista e più vicina all’estrema dx classica.
ho esposto il meccanismo, non ho dato giudizi. all’imprenditoria conviene far entrare gente disperata che lavora a 500 al mese e 12 ore al giorno, è una conseguenza del “liberismo” l’asta al ribasso nelle condizioni dei lavoratori dipendenti… tanto poi le “spese dell’immigrazione” mica le pagano gli imprenditori, ma quelli che pagano le tasse.
p.s. non so se lo sai, ma ad esempio con la romania si fecero accordi precisi: loro permisero l’entrata di nostre imprese (che disinvestirono in italia) in cambio dell’entrata in italia di alcune centinaia di migliaia di morti di fame… ad esempio unicredit ha spostato in romania centro elettronico, stanze di compensazione, call center… lì ti lavorano il doppio con stipendio 1/3… produttività sestuplicata! ma, per motivi tecnici, il servizio è peggiorato: un bonifico che prima veniva lavorato in giornata mo’ ci mette 3 giorni.
il capitalismo liberista è antinazionalista per definizione, dell’interesse della “nazione” gliene frega assai.
Se credo nell’anarchia come unico sistemo politico rispettabile, come posso essere di estrema destra? Al limite mi potresti accusare di essere bigotta, ma non mi conosci, quindi…
Rispetto la decisione dell’imprenditore di delocalizzare in Romania (facendo notare che la cartamoneta distorce tutti i prezzi, possibilmente favorendo l’esodo delle industrie), ma quando anche La Repubblica ammette “Faccenda complicata, questa dei rom”, direi che un problema reale esiste. In Romania, direbbero lo stesso.
http://goo.gl/Ins93
Guarda caso, il colonialismo raggiunge il suo culmine proprio nell’Ottocento, l’epoca in cui l’idea romantica di “nazionalità”, ben presto degenerata in nazionalismo, si fonde con il principio di “stato-corporazione”. Il peccato originale del nostro Risorgimento, e di tutti gli altri movimenti analoghi, sta proprio qui. Tutte le aberrazioni novecentesche, che hanno causato guerre atroci e terribili dittature, sono figlie legittime di queste perverse ideologie.
e il colonialismo, precedente a questa formazione dello stato astratto, quante centinaia di milioni di morti ha fatto?
ah ma quelli erano insignificanti insetti (neri, gialli, indios…)…
quello fu sempre il risultato della forza dello stato. Il colonialismo è sempre iscrivibile nello statalismo. LO stato è la causa di tutto il male che c’è nel mondo, non il libero mercato!!!!!!! Questo concentra mezzi e risorse nelle mani di pochi e questi procurano malanni a volontà!!!!
Io mi accorgo da solo che:
LO STATO ED IL SUO APPARATO SI STANNO MANGIANDO IL PAESE !!!