L’universo che si definisce “libertario” è variegato. In questa sede ci occupiamo del ‘paleolibertarismo’, filone nato negli anni Novanta, quando Rothbard rompe con il Partito Libertario, per insofferenza verso l’atteggiamento ‘alternativo’ e ‘controculturale’ di molti attivisti.
Il paleolibertarianism si colloca quindi a destra dello spettro libertario.
I “paleo” si caratterizzano per l’adesione al mondo cattolico, sul presupposto che il Cattolicesimo possa rinforzare la teoria libertaria fornendogli un sostegno culturale e anche metafisico. Da parte sua il libertarismo di scuola austriaca potrebbe dare un contributo alla dottrina sociale della Chiesa, rendendola meno vaga e più cosciente del rapporto tra libertà economica e dignità umana.
Tale impostazione, come ricorda Guglielmo Piombini in un’intervista al sito del “Movimento libertario”, è giunta addirittura a rivalutare, con Hans-Hermann Hoppe, alcuni aspetti di “moderazione” delle monarchie tradizionali rispetto alle democrazie moderne, e indica nello statalismo welfarista il vero distruttore dei legami comunitari tradizionali.
Per Piombini, gli autori controrivoluzionari come Carl Ludwig von Haller sono più vicini al libertarismo del pensiero liberaldemocratico, che si è illuso che fosse possibile limitare il potere mediante congegni (lo ‘Stato di diritto’, il costituzionalismo, la divisione dei poteri, le elezioni) rivelatisi in buona misura inefficaci. Al pari di un anarco-individualista come Lysander Spooner, Haller giudicava del tutto assurda l’idea di contratto sociale: nessuno l’ha mai firmato, per la semplice ragione che nessuno sarebbe così pazzo da firmare una procura che contempli un “mandato non imperativo” a disporre della propria vita, libertà e proprietà.
Orbene, Piombini ipotizza un matrimonio di interesse tra paleo-libertarianism e Chiesa cattolica. Non tutti i matrimoni di interesse funzionano però come le parti, o una di esse, avevano previsto, perché mentre i paleo-libertarian sono ormai in blocco dei papa boys, la Chiesa non sembra attratta dalle idee radicali sul libero mercato, e non passa giorno che le gerarchie non inneggino allo stato sociale e alla stessa libertà di immigrazione. Piombini respinge le accuse di xenofobia, e tuttavia egli è giunto ad affermare che l’immigrazione dovrebbe essere ammessa solo se il datore di lavoro (come se non possano esservi immigrati lavoratori autonomi) costruisce quartieri destinati ai soli dipendenti immigrati, i quali non possono uscire dal quartiere per non violare i supposti diritti di proprietà (pubblica) degli altri residenti; ma questo si chiama apartheid!
Piombini scopre poi che il pensiero libertario deve più al reazionario Haller che alla cultura delle rivoluzioni, solo perché Haller riteneva assurda la teoria del contratto sociale. A parte che nessun filosofo contrattualista ha mai sostenuto la storicità del contratto sociale, dato il suo carattere metaforico, Piombini incorre nello svarione di affiancare la critica di un reazionario come Haller alle tesi dell’anarchico ottocentesco Lysander Spooner, confondendo palesemente una critica per così dire “da destra” con una critica “da sinistra”. Spooner, infatti, denunciava il vincolo costituzionale, non per avere meno libertà per il popolo, ma per averne di più, ovviamente. La posizione di Haller è invece che lo Stato sia sostanzialmente di proprietà del regnante, non certo che il regnante debba lasciare libero gioco alle forze sociali! Porta a questi paradossi anche una cattiva lettura del concetto di proprietà privata, quando ciò che è interessante della proprietà non è la sua presunta “sacralità”, ma il fatto che si colloca in un sistema di mercato, il che non accade quando la proprietà è tanto monopolistica, da essere addirittura la “proprietà” di uno Stato, come nel sistema patrimoniale.
Lo stesso vale per la critica allo Stato di diritto. Anche qui convivono una critica da destra e una da sinistra. Per un libertario, tutto ciò è troppo poco, perché, ad esempio, le elezioni sono solo una parafrasi della concorrenza, mentre per i reazionari di Piombini tutto ciò è troppo, perché la democrazia è caos e basta il dominio paterno del sovrano a governare.
Infine Piombini si lancia in una requisitoria contro il “relativismo”, il multiculturalismo dell’odierno occidente, il cui unico rimedio sarebbe l’“assolutismo” propugnato dalla Chiesa cattolica, la quale però è a sua volta ecumenica, sicché ammette più multiculturalismo di quanto Piombini sospetti.
A dispetto del riferimento alla scuola austriaca, della quale fanno parte anche (in senso lato) Popper e Hayek, il fallibilismo di costoro viene accantonato, e scopriamo che nel nostro mondo esiste una “Verità”, e che l’occidente l’avrebbe tradita. Orbene, il liberale e il libertario non pensano di avere alcuna “Verità” in tasca, se non quella, che si colloca al meta-livello formale, che ognuno sia libero di perseguire il “relativismo” sostanziale che vuole. Il contrario di quello che propugna la Chiesa cattolica, per la quale esistono Verità assolute al livello più alto (l’esistenza di Dio), ma anche ai livelli più minuti: ad esempio sarebbe verità assoluta la malvagità del preservativo. Ma qui si entra in questioni di contenuto dell’azione umana, con riferimento alle quali qualunquecorrente libertaria lascia all’individuo libertà di scelta, in quanto la libertà costituisce una forma e non un contenuto specifico. Al libertario interessa che la forma dell’azione sia libera, non quale ne sia il contenuto materiale, sempre che questa non sia impeditiva di altre condotte libere. L’avere abbandonato tale approccio elementare consente di constatare la fuoriuscita del paleo-libertarianism dal perimetro culturale non solo libertario, ma anche semplicemente liberale.
*Tratto da istitutosipolitica.it
Vedo che il link che avevo fornito un paio di anni fa è rotto, eccone un altro. Per chi vuole sapere di più sui neocon, e chi continua a credere che la guerra fosse principalmente una lotta per il controllo delle risorse petrolifere irachene.
http://www.libertarianismo.org/livros/StephanSniegoski_TheTransparentCabal.pdf
…io sono all’antica: libera chiesa in libero stato e che la chiesa non rompa i maroni, altrimenti la prima parte si abroga. Non capisco proprio, siamo nel XXI secolo e sento ancora parlare di favole inventate da ignoranti pastori nordafricani, intolleranti, misogini… alle quali il mondo civile dovrebbe credere e dare credito. La chiesa cattolica è un organizzazione mafiosa dedita, da sempre, alla pedofilia ed al furto dei beni pubblici, se ci sono dei… feticisti che ci credono, facciano pure, ma l’argomento “chiesa” “religione” non dovrebbe interessare gl’amministratori pubblici e nemmeno i partiti.
“La chiesa cattolica è un organizzazione mafiosa dedita, da sempre … al furto dei beni pubblici”.
Robespierro, lo stato moderno è nato e si è rafforzato attraverso il furto dei beni della Chiesa. Lo so che alla scuola statale hanno sorvolato su questi ladrocini ma ripetere ancora queste bugie non mi sembra molto onesto. Vedendo lo pseudonimo che usi capisco che a te questi espropri statali appaiono atti benemeriti ma capovolgere la realtà è un po’ troppo. Buona serata.
Io mi limiterei a ciò che hanno scritto Rothbard e Hoppe. I seguaci e gli interpreti spesso tendono a deviare dal cammino originario, ad enfatizzare quell’aspetto piuttosto che un altro. Il paleolibertarismo in termini ideologici è ben costruito; ha una sua brillante logica interna. Ad esempio, LucaF, se leggi il “dio…” di Hoppe la demolizione di Pat Buchanan è totale.
Hai ragione Giacomo, vi è senza dubbio maggior chiarezza sul paleolibertarismo in autori come Rothbard e Hoppe rispetto a i loro seguaci, specie se teniamo presente la costruzione concettuale di tale filone del libertarismo, i suoi obbiettivi e i suoi limiti d’ambito.
Il focalizzarsi sull’aspetto religioso di fede risulta essere un surplus (peraltro non sempre convincente o compatibile) rispetto ai contenuti espressi dal libertarismo a livello mainstream.
Su molti argomenti sovente proposti dai paleolib (al di là della loro eventuale contraddizione rispetto alla teoria anarcocapitalista da loro messa in pratica) l’aspetto religioso o identitario non risulta essere decisivo al fine di giustificare le proposte suggerite, tale aspetto può semmai risultare controproducente nei confronti delle altre fazioni libertarie meno propense a dare una rilevanza alla fede religiosa come base del loro libertarismo.
Su Hoppe hai ragione, tant’è che già nel 1995 iniziò ad allontanarsi dal supporto politico dato a Buchanan. http://www.gongoro.blogspot.com/2008/10/de-generazione.html
Il giudizio di Hoppe non è molto differente da quello dato da Rockwell sul personaggio. http://www.lewrockwell.com/rockwell/paleoism.html sebbene Pat in parte abbia riveduto alcune sue posizioni politiche, a parte l’opposizione alle politiche dei neocon e dei liberal, le incompatibilià e i limiti del fusionismo tra libertarismo, paleoconservatorismo restano evidenti.
@LucaF:
Sono d’accordo. Forse ti potrebbe interessare questo libro sui neocons dietro l’invasione irachena.
http://www.4shared.com/document/900X2C6i/The_Transparent_Cabal.htm
Grazie per il consiglio lo leggerò.
Un saluto.
@ Luca F:
Un piccolo appunto: il neoconservatorismo è essenzialmente un movimento ebraico, che gode dell’appoggio dei cristiano-sionisti.
http://www.kevinmacdonald.net/HeilbrunnReview-final.pdf
Il neoconservatorismo è anche (non solo) un movimento ebraico sionista dato che molti pensatori sono di tale origine e convinzioni.
Il fatto che goda dell’appoggio di molti cristiani evangelici e protestanti (ma vi sono anche parecchi neocon cattolici) deriva dalla cultura delle radici giudaico-cristiane ritenute nella cultura anglosassone e protestante in particolare, un riferimento sul quale proiettare la propria fede ed aspirazione di essere parte del popolo eletto predestinato da Dio alla salvezza e alla sua gloria eterna.
Il trasferimento di tale convinzione essenzialmente di tipo fideistiche religiose sul piano politico e geopolitico in favore dello Stato d’Israele è senza dubbio un risultato conseguito dalla propaganda neocon al fine di favorire l’ombrello di protezione degli Usa su tale Stato sul piano politico militare.
Tale propensione degli americani alla propaganda militarista è le conseguenze di lungo periodo della logica della Guerra Fredda, da parte del complesso militare-industriale come welfarismo-warfarismo avente storicamente nei Democratici e nella sinistra americana (da cui provengono i neocon, in quanto ex trozkisti). le sue origini.
Per un ulteriore approfondimento di tutta la tematica segnalo http://www.rothbard.it/teoria/paleolibertarismo.doc
Il Paleolibertarismo è solo una delle tante fazioni interne al libertarismo, non rappresenta neppure sul piano temporale il libertarismo tout court e la sua storia in sè per sè.
Rappresenta solo una corrente (right wing) nata tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 del XX secolo più che altro come ramo del libertarismo finalizzato al corteggiamento politico dell’area conservatrice e tradizionalista della Destra religiosa americana (in particolare quella cattolica) dopo la rottura di Rothbard con il LP, quale tattica fusionista per fare massa critica e politica a livello elettorale nel Partito Repubblicano.
Esso però non ebbe mai i risultati auspicati da Rothbard stesso negli Usa (dato che la destra religiosa ha sempre apprezzato attraverso i cristiani rinati i neocon) neppure presso i libertari delle altre correnti.
Il problema maggiore di molti paleolib in generale è nell’idea teleologica e finalistica inerente tale loro fazione.
Tale errore nasce dal fatto che essendo l’ultima corrente nata in seno al libertarianism essa sia necessariamente la migliore e la più vera e la più coerente rispetto a tutte le altre (anche quelle right libertarian).
Inoltre un altro problema è che sovente i paleolib considerino il loro orientamento religioso più importante delle idee libertarie stesse, antemponendo il primo rispetto ai principi base del libertarismo arrivando a giudicare la loro fede religiosa come elemento indispensabile per essere dei libertari.
Sul piano della logica e della loro forma mentis, i paleolibertari rigettano alcuni fenomeni sociali da loro mal giudicati a priori non solo limitandosi ad un rifiuto del ruolo e dell’azione dello Stato in essi o al rifiuto di adesione o partecipazione personale verso tali fenomeni sociali per sè stessi, ma anche per tutti gli altri individui della comunità, in contraddizioni con le responsabilità individuali dei singoli come atti di libera scelta individuali e i loro diritti naturali (in particolare la proprietà del corpo).
Questo implica sovente l’identificazione tra la loro visione politica e quella della società (la quale sovente risulta più complessa anche entro le ipotesi di enclavi), tant’è che i paleolib rispetto ad altre correnti libertarie non disdegnano l’uso della democrazia come strumento decisionale
Sovente i paleolib scadono di fatto nel comunitarismo e nella semplicistica affermazione che tali comportamenti devianti siano risolvibili mediante l’eliminazione dello Stato centrale e del Welfare state (il quale è in alcuni casi solo un catalizzatore e non sempre la sola causa scatenante del problema).
Su alcuni temi quali ad esempio quelli dell’immigrazione, pur preferendo il solo mantenimento di una struttura amministrativa locale preferiscono che lo Stato centrale attui controlli e garantisca la sicurezza dei confini, in contraddizione con il loro antistatalismo anticentralista.
Il paleolibertarismo in economia si è caratterizzato nei seguenti filoni: riferimento teorico-divulgativo alla scuola austriaca d’economia (Mises Institute), demopopulismo sociale a livello elettorale (Pat Buchanan), liberismo di destra molto simile al conservatorismo fiscale miniarchico e al conservatorismo costituzionale.
Inoltre su taluni posizioni esso risulta analogo per proposte a quelle dei social-conservatrici nei confronti dell’interventismo del Governo in alcune tematiche (si pensi all’immigrazione) o alla bioetica (simili al Constitution Party).
Il paleolibertarianismo a causa del suo fusionismo politico e culturale con movimenti e gruppi quali il paleoconservatorismo buchanarita e con alcune posizioni populiste non si può definire sul piano economico come una forma in senso stretto di vera pratica libertaria anarco-capitalista d’ambito austriaco tant’è che i limiti di tale corrente emersero già nel 1995 poco prima della morte di Rothbard pur restando congelati per quasi un decennio.
Gli agoristi pur essendo definibili come left libertarian sono molto più a destra nelle tematiche economiche dei paleolib e come pratica libertaria.
Solo nel 2007 Lew Rockwell tra i fondatori del paleoliberarianismo e tra le figure più importanti del libertarianismo americano ha in parte rigettato per sè stesso il termine “paleolibertario” precedentemente coniato assieme a Rothbard in quanto divenuto ormai sinonimo di populismo protezionista riproducendo anche tendenze sindacaliste e corporativiste (in antitesi con le posizioni austriache dei libertari sul libero mercato) non senza alcuni possibili fraintendimenti con la visione sociale della stessa sinistra americana che di fatto avevano ridotto la diffusione e il gradimento dell’intero movimento libertario americano e le sue adesioni oltre che a isolare tale corrente ai margini della politica americana ufficiale rispetto anche agli altri gruppi libertari.
Rockwell è quindi tornato a considerare come valido lo spettro politico rothbardiano antecedente alla svolta paleolibertaria, collocando i coerenti paleolibertari (per lo più libertari di destra moderata e del filone conservatore costituzionalista come Ron Paul) entro lo spettro più generico dei “right” libertarian assieme ai miniarchici e ai libertari conservatori fiscali.
Si veda qua: http://www.lewrockwell.com/rockwell/paleo1.html e qua: http://www.lewrockwell.com/rockwell/liberal-post-interview.html
Negli Usa il termine paleolibertario è quindi ormai demodé tra i libertari preferendo l’uso di categorie più generiche e di spettro interno quale “destra” e “sinistra”.
Per quanto riguarda l’ambito italiano come già spiega bene l’articolo i paleolib hanno la tendenza ad identificarsi spasmodicamente con l’Ancient Regime (a causa di una lettura riduttiva o deformata di Hoppe al di là di quel che realmente propone o afferma nei suoi testi) e con il papismo neoguelfista (Piombini in particolare) nell’utopica visione che la chiesa cattolica sia interessata a rinunciare alla sua partnership con gli Stati (e con lo Stato italiano in particolare) tornando sui precetti della scuola di Salamanca, la quale però non ebbe mai un peso rilevante entro le dinamiche del pensiero della dottrina sociale della chiesa cattolica (specie in quella italiana).
Un ulteriore limite del paleolibertarismo (specialmente a mio avviso quello italiano) è quindi la sua incapacità di proiettarsi verso il futuro, preferendo riproporre nostalgicamente come modelli di organizzazione sociale e comportamentali forme anacronistiche del passato, non riuscendo ad evolversi in ragione dello sviluppo tecnologico e delle potenzialità oggi a nostra disposizione sul piano dei mezzi e delle idee. (per capire cosa intendo mi rifaccio a questo ottimo articolo il quale pone obiezioni entro l’ambito statunitense su tale questione: http://libertarianation.org/2011/11/22/il-futuro-non-sara-mai-come-il-passato/
se questo vomito cristiano e’ il libertarismo, io sono marxista integralista a sx del partito comunista cinese
Ci sono troppi termini che andrebbero definiti. In mancanza di ciò uno può attribuire a questo pezzo tutti i significati che vuole. Purtroppo questo è il rischio quando si usano categorie, a mio avviso, molto logore, convenzionali e spesso estremamente ambigue (destra, sinistra, liberaldemocratico, paleolibertarismo, stato sociale, stato di diritto, ecc. ecc.).