E tu che italiano sei? E’ il gioco dell’inverno, lo si trova un po’ ovunque. Un italiano in loden magari. Uno che ne sa, insomma. Un italiano pacato e riflessivo. Un po’ british, per intenderci: buone maniere, perfetta padronanza delle lingue straniere e i figli all’estero. Riservato, con uno spiccato senso di moderazione e la grande capacità di non far pesare il proprio, assai elevato, stato sociale. Le vacanze, ovviamente, in Engadina. Ah, Cavour!
No? Allora, forse, sei un italiano bunga-bunga. Incazzato ma non troppo. Un gran lavoratore. Santo e peccatore. Un buon cattolico, un pessimo cristiano. Un italiano che si vanta, un italiano tutto calcio e Belen. Ma la famiglia è sempre la famiglia. Il quartiere deve essere pulito e gli immigrati, ok, ma solo se si integrano. Nostalgico da sempre; del duce, della dc, di Craxi, del primo Bossi, del primo Berlusconi. Ah, quando c’era lui!
No!? Ancora!? Oddio, ecco l’orfano di Berlinguer. L’italiano pubblico per eccellenza. Scuola pubblica, università pubblica. Morale pubblica. Intercettazioni libere. Reddito minimo di cittadinanza. Un italiano morale, onesto, senza macchia né pudore. Completamente irresponsabile, talmente cristiano da non essere cattolico. Ipocrita? Un tantino, ma che vuoi: lo dice il partito. E’ colpa delle contraddizioni interne al capitalismo globale. Ah, la Scuola di Francoforte!
E stop! Finiamola qui. Non un gran gioco, in effetti. Stereotipi al pascolo che riempiono la nostra vita fatta di comunicazione, imitazione e pessimi giornalacci o programmi a tiratura nazionale. Il retaggio sociologico delle vecchie strutture del secolo scorso: upper class, piccola borghesia, lavoratori. Da questa odiosa forma di ingegneria sociale incapace di cogliere le potenzialità dell’individuo, inutile, non ne siamo ancora usciti. Per un motivo piuttosto semplice: le false strutture servono a mantenere i falsi privilegi.
Maggioritaria, infatti, è l’adesione a pochi ed astratti modelli sociali, minoritaria, di conseguenza, è la richiesta di libertà, di mercato, di diversità, di opportunità e di merito. Il recinto forma il proprio attore: sai già cosa volere, che giornale leggere, che scelte fare o non fare. Con chi stare. A quale sacerdote obbedire nella falsa lotta per il potere. E’ un circolo vizioso che il burocratismo italiano ha saputo cristallizzare a suo favore.
Fino ad oggi. Fino a quando, cioè, è stato possibile riassumere interessi e complessità sociali in ideologie, parole d’ordine, mode e reti clientelari; o meglio, fino a quando è stato possibile sopportare gli enormi costi di tanta pesantezza posta di fronte alla crescente velocità del sistema globale.
Ecco allora spiegato chi è davvero l’italiano con o senza loden osannato dal farsesco piattume mainstream: un’astrazione entrata definitivamente in crisi. L’astrazione delle classi sociali, del welfare e del controllo. Dei monopoli, dei cartelli e delle confederazioni. Del voto, del contratto sociale e della nazione. L’astrazione della libera stampa e dei suoi intellettuali. L’astrazione, insomma, dello Stato.