La manovra Monti è iniqua, priva di rigore e recessiva. Se mai ci sono stati tecnici puri al governo (il che è assolutamente impossibile), non sono certo questi del governo Monti che si sono subito adattati a seguire la corrente suggerita da Napolitano, comunista negli anni, giacobino sempre. Forse Monti sta facendo mascalzonate per acquisire meriti, dietro l’esempio di Ciampi, per venire eletto presidente della Repubblica al prossimo turno.
La manovra Monti, al sottoscritto, ex docente e preside di liceo, pensionato a 1.700 euro al mese, senza altri redditi, costerà, dai calcoli da me fatti, almeno il 10% del mio reddito. Ciò vuol dire che nel 2012 dovrò spendere 90 euro per ogni cento euro spesi nel 2011. Moltiplicando questo esempio per le decine di milioni di italiani, non ne può che conseguire una significativa recessione. Altro che crescita!
A favore della crescita, fra i tanti provvedimenti possibile e taluni indicati da diversi giornalisti e commentatori, ma quasi tutti accuratamente evitati dal governo Monti, io ne vorrei suggerire due in linea anche con il problema di aumentare la libertà economica e quindi anche politica individuale.
1) Considerando che il Tfr (Trattamento fine rapporto), cioè la cosiddetta liquidazione, è costituito da salario differito e accantonato, gestito e investito senza che il legittimo proprietario, il lavoratore, abbia voce in capitolo, si faccia una legge per abolire questo istituto economico e per pagare per intero, in busta paga, mensilmente, la quota ora trattenuta per il Tfr. I fondi già esistenti per il pagamento delle future liquidazioni dovrebbero essere smantellati, magari progressivamente, e versati nelle buste paghe. Ne uscirebbe una immissione di denaro fresco che non potrebbe che fare bene ai consumi e agli investimenti.
I lavoratori, liberamente, per loro scelta, potranno, se vogliono, risparmiare parte dell’aumento di stipendio che deriva dall’abolizione del Tfr e costituirsi da soli un capitale, investito in titoli o in altro modo, da godere quando ne avranno bisogno.
2) Discorso analogo, anche se più complesso e realizzabile in una serie di anni, propongo per le pensioni, ora gestite da enti statali o parastatali con criteri contrari agli interessi dei lavoratori. Anche qui, trattandosi di salario differito (parlo delle pensioni vere, non di quelle assistenziali e clientelari che dovrebbero essere abolite del tutto o, per quelle minime sociali, messe a carico della fiscalità generale e gestite da un apposito fondo del tutto separato dai fondi delle pensioni basate sulle trattenute previdenziali), e quindi di soldi di proprietà dei lavoratori, propongo di abolire le pensioni dell’attuale sistema pensionistico, abolendo anche le trattenute previdenziali, di liquidare questi soldi in busta paga mensilmente e lasciare che i lavoratori siano liberi di investire, se vogliono, una parte del loro stipendio per assicurarsi una pensione, presso fondi pensionistici gestiti da istituzioni private senza ingerenze dello Stato, salvo la regolamentazione legislativa dei fondi stessi.
Tralascio gli infiniti dettagli che sarebbe necessario discutere per dare meglio l’idea della realizzabilità delle due proposte, limitandomi qui ai soli concetti di base, che sono: più libertà, soldi in tasca ai loro proprietari, fuori lo Stato dalla loro gestione.
So che proposte del genere sono già state fatte, in Italia e altrove, ma, nell’attuale momento di crisi e di manovre, andrebbero ripetute, sviluppate e concretizzate in proposte realizzabili a partire da subito.
*Professore in pensione
Il professore, suppongo per semplificare, ha dimenticato di parlare dell’inflazione, che è una tassa occulta.
Per cui altro che taglio del 10%.
Intelligentemente si è rivolto al TFR, che è l’ultima frontiera delle rapine previdenziali.
Molto opportunamente i sindacati e i politici da quell’orecchio non vogliono sentirci (hanno fatto sparire i contributi, gli serviva pur qualcos’altro da imboscarsi).
Di una cosa possiamo essere certi: non toglieranno di loro sponte le mani dal malloppo.
Eavranno gioco facile nelprendere in giro i disperati che, fra pochi giorni (giorni, non anni), si troveranno di fronte lo spetto della fame.
Fame vera.