“La Revoluciòn Ciudadana Avanza!” (R. Correa)
Pochi giorni fa camminavo di prima mattina per le vie del vecchio centro storico di Quito quando, buttando lo sguardo sulle prime pagine dei quotidiani locali esposti da un giornalaio ambulante, ho visto grandi foto di Silvio Berlusconi col volto cupo.
Persino in Ecuador la crisi italiana è divenuta argomento di prima pagina.
I miei compagni di viaggio – gente che spende migliaia di euro per cose superflue ma che odia chiunque ha un centesimo più di loro e ritiene che il vero problema siano state le “puttanate” e le leggi ad personam e non la totale assenza di provvedimenti liberali più volte promessi a vanvera – hanno subito auspicato che, con la fine del suo governo, Berlusconi sia rinchiuso in carcere e le chiavi siano gettate via.
Ironizzando, mi sono limitato a osservare che se lo mettessero in galera il suo mantenimento sarebbe anche a carico loro. Per il resto, ho dovuto constatare per l’ennesima volta che sono davvero tante le persone, pur di livello culturale medio alto, che ritengono che tutti i problemi del mondo siano risolvibili mediante una grande opera di redistribuzione di ricchezza. Ovviamente partendo dai “ricchi” e fermandosi a prelevare da chi guadagna un centesimo più di loro.
Questi individui nutrono una certa simpatia per personaggi come Rafael Correa, presidente dell’Ecuador e ammiratore, al pari del boliviano Evo Morales, di Hugo Chavez. A differenza di Chavez e Morales, Correa non ha i tratti somatici da nativo sudamericano e ha studiato in giro per il mondo.
Ma questa è l’unica differenza. Per il resto, con il motto “La Revoluciòn Ciudadana Avanza!” si propone di sviluppare il socialismo del XXI secolo in Ecuador.
Durante la mia permanenza in Ecuador ho notato che il governo sta spendendo parecchio in infrastrutture, migliorando la rete viaria. D’altra parte, quando il debito pubblico (totalmente verso l’estero) appare troppo pesante basta fare default, come è successo, da ultimo, a fine 2008.
Il governo non manca di pubblicizzare sé stesso, dato che grandi cartelloni inneggianti alla Revoluciòn Ciudadana appaiono in giro come i funghi in un bosco dopo un acquazzone. Per non parlare della televisione. Venerdì 11 novembre, mentre in Italia stava finendo il “regime”, il Sudamerica era incollato ai televisori per le partite della fase eliminatoria dei mondiali di calcio che si terranno in Brasile nel 2014. Guardando la partita Paraguay – Ecuador trasmessa dalla televisione pubblica locale, ho notato subito che, ogni due minuti, il telecronista, a prescindere da cosa stesse succedendo in campo, annunciava, con lo stesso senso della misura con cui solitamente viene descritto il goal della formazione di casa, che “La Revoluciòn Ciudadana Avanza!”, e il governo aveva già costruito e stava continuando a costruire ponti, strade, eccetera. Paradossalmente, e anche un po’ comicamente, il telecronista ha continuato sullo stesso registro anche quando, in pochi minuti, il Paraguay ha rifilato due pere all’Ecuador.
Il mattino seguente, mentre aspettavo di andare in aeroporto per rientrare in Italia, la stessa rete trasmetteva un lungo programma in diretta, con Correa che interveniva a una festa provinciale parlando ininterrottamente per diverse decine di minuti senza dire assolutamente nulla di concreto, se non riferendosi alla Revoluciòn e all’indipendenza dell’Ecuador. La gente annuiva con le stesse facce dei pensionati della Cgil ripresi da Rai3 alle manifestazioni a Piazza San Giovanni a Roma mentre parla il segretario sindacale di turno: davano l’impressione di non capire niente (in effetti, c’era poco da capire).
E mentre, per l’ennesima volta, sentivo che “La Revoluciòn Ciudadana Avanza!”, pensavo a quanti, in Italia, vedrebbero bene Correa (o il suo maestro Chavez) al governo. E ho avuto la sgradevole sensazione che, per quanto fallimentare sia stato il berlusconismo, potremmo presto trovarci a constatare che al peggio non c’è mai limite.
Spero di sbagliarmi.