“PDL: questo acronimo non comunica niente, non emoziona, non commuove. Chiediamoci se con largo anticipo rispetto alle elezioni del 2013 non sia il caso di cambiare nome.” (S. Berlusconi)
Con queste parole Silvio Berlusconi si è rivolto ai suoi seguaci nominati in Parlamento. Evidentemente ritiene che ciò che non ha funzionato, in tutti questi anni, sia la comunicazione. Non so se ridere o piangere.
Io non sento l’esigenza di eleggere qualcuno (dovendo peraltro contribuire a fargli fare una vita densa di costosi privilegi) perché si occupi di me, mi dica che non posso fare cose che vorrei fare anche se non danneggiano la proprietà altrui, oppure mi imponga di farne altre. Vorrei tanto essere lasciato libero di interagire volontariamente con chi mi pare, rinunciando a essere assistito e vessato dallo Stato.
Mi rendo conto, tuttavia, che molti, o per pigrizia mentale, o per effettivo convincimento, ritengono indispensabile che lo Stato ci sia e regoli in modo più o meno pervasivo la vita e le interazioni delle persone.
Anche tra costoro, però, dubito che la scelta del partito a cui dare il voto dipenda dal nome. A maggior ragione in periodi di vacche magre come quello attuale.
Insomma: non credo che il calo di consensi che sta sperimentando Berlusconi sia da attribuire al nome del partito. Né lo sarebbe (sarà) la sconfitta alle prossime elezioni politiche, siano esse nel 2012 o nel 2013. Invece di arrovellarsi sul nome da usare per la prossima campagna elettorale, farebbe meglio a riflettere sulle tante promesse a vuoto che ha fatto in oltre tre lustri ai suoi (ex) sostenitori. Ai quali penso non interessi nulla delle emozioni che deve trasmettere il nome di un partito.
Quando si promette a ripetizione di tagliare le tasse e ridurre l’invadenza dello Stato poi si fa il contrario, la gente non si commuove, né si emoziona: semmai si sente presa per i fondelli.
Berlusconi iniziò con Forza Italia presentandola come partito liberale di massa pur inglobando fior di socialisti redenti, e c’ero anch’io tra i presidenti di club a spellarmi le mani in applausi una domenica che a Milano pioveva a dirotto. Poi, pian pianino, inglobò Alleanza Nazionale che di liberale non aveva nulla, tant’è che Fini tanti voti li prese a Roma da statali, e per fagocitare Casini tagliandogli l’erba da sotto, cambiò le carte in tavola trasformando il partito in una nuova Democrazia Cristiana, un partito di buonisti che prenda i voti a destra per darli a sinistra. Quest’ultima trasformazione non ha ancora dato i suoi frutti ed altri aggiustamenti si rendono necessari. Nomi e sigle contano poco. Del resto, per governare serve una maggioranza di elettori, come liberali, dal 45 abbiamo sempre avuto percentuali da prefissi telefonici, e se in Italia i liberali sono pochini, i veri liberisti ancor di meno. La popolazione deve arrivare a vedere sbugiardate le balle raccontate. Non manca poi tanto …
Forse, più che cambiare nome del partito per l’ennesima volta, dovrebbe cambiare politiche per la prima volta
PDL può significare tante cose. Qualcuno ha detto o scritto: Partito dei Ladri. Forse ciò è arrivato alle orecchie del premier e per questo cerca un altro nome. Comunque vada ci sarà sempre qualcuno capace di storpiare o di interpretare a modo suo, ogni sigla, anche quella che potrebbe sembrare perfettamente costituita.
Non è questione di sigle.
Tutto sommato, vi vedo decisamente ottimisti.
Io giudicherei molto incoraggiante se la gente fosse incazzata perché Berlusconi non ha mantenuto le promesse di liberismo. E se valutasse i partiti non dal nome ma dalle idee.
Vorrebbe dire che la gente ha capito almeno le basi dell’economia.
Purtroppo secondo me non è così.
Ad essere incazzati per le giuste ragioni sono i soliti four cats di liberisti austriaci, tutti gli altri sono incazzati perché lo stato non ha fatto abbastanza, perché il premier invece di pensare al bene del paese sfornando tante buone leggi si è dedicato ai gnocca party.
Se la gente fosse veramente delusa dalle mancate promesse liberiste di Berlusconi, chi dovrebbe votare alle prossime elezioni, Bersani, Vendola??
Alle prossime elezioni nessuno andrebbe a votare, per mancanza di programmi commestibili.
Invece ci andranno eccome, ed eleggeranno chi oggi predica più stato… e basta con questo capitalismo selvaggio!
Purtroppo temo he abbia ragione!!!
Sapendo da tempo che il politico di successo, cioé quello che vince le elezioni, è semplicemento quello che ha mentito meglio con maggiore persuasione e convincimento di massa, e che Berlusconi è semplicemente uno che della menzogna ne ha sempre fatto un uso spregiudicato, come già rivelato a suo tempo Indro Montanelli che lo conosceva bene e diceva che il cavaliere era un bugiardo patologico, se a questo aggiungiamo che è patologico anche il suo egocentrismo e mitizzazione, sfociante in megalomania e delirio di onnipotenza, abbiamo il quadro della situazione dell’individuo e della società che a lui volente o nolente si è prostrata per tanti anni, fino all’autodistruzione
Concordo con il contenuto di questo breve articolo (sono i miei preferiti: esprimono lo stesso l’idea e si leggono in un attimo) di Matteo Corsini anche se Silvio Berlusconi si giustifica e si giustificherà affermando che avrebbe voluto e bla bla bla ma glielo hanno impedito ….. (Il grave problema di quanto uno STATO e un GOVERNO devono andare bene a tutti !!!)
Voglio quindi aggiungere che il “IL SENZA STATO” potrebbe suonare come un’imposizione alla pari della “NECESSITA’ DI UNO STATO”
Quindi a ciascuno ciò che desidera: Chi vuole uno STATO balia o vigilantes se lo tenga e se lo mantenga, chi vuole farne a meno abbia la possibilità di farlo.
In definitva la via è quella delle COMUNITA’ VOLONTARIE AUTONOME, senza prevaricazione alcuna.
“Quando si promette a ripetizione di tagliare le tasse e ridurre l’invadenza dello Stato poi si fa il contrario, la gente non si commuove, né si emoziona” (cit.)
Infatti, la gente, molto semplicemente, s’incazza.