In Anti & Politica, Economia, Libertarismo

DI NEREO VILLA

Nessuno vuole essere definito anti-patriottico, eppure tutti coloro che non vogliono la guerra (la maggioranza mondiale dei sani di mente) sono considerati tali o da disprezzare. Così incominciava un suo intervento, che vorrei qui riassumere, sul patriottismo l’on. Ron Paul (candidato alle prossime elezioni americane), arrivando a definirlo come resistenza alla mafiosità dello Stato. Se i primi patrioti americani furono quelli che con coraggio resistettero al potere oppressivo di Re Giorgio conquistando l’indipendenza dagli inglesi, il patriottismo sta nel coraggio di resistere all’odierno potere oppressivo dello Stato:“Il vero patriota – dice Paul – è colui che “sfida lo Stato quando questi inizia ad accrescere il suo potere a spese degli individui. Senza riuscire a comprendere questo e ad avere una più forte determinazione nell’esercitare il nostro potere, i diritti degli americani, scompariranno” (intervento di Ron Paul alla Camera Usa, 22/05/2007).

E continua: “Il vero patriota è motivato da un senso di responsabilità, e dall’interesse non solo per sé stesso, ma anche per la sua famiglia e per il futuro del suo paese, a resistere all’abuso di potere del governo. Egli rifiuta l’idea che patriottismo debba significare obbedienza allo Stato. La resistenza non deve essere violenta, ma la disobbedienza civile che potrebbe essere necessaria include il confronto con lo Stato e teoricamente il carcere. Le rivoluzioni non-violente contro la tirannia sono state di successo esattamente quanto quelle che hanno incluso il confronto militare. Mahatma Gandhi ed il Dr. Martin Luther King Jr. hanno conseguito grandi successi politici praticando la non-violenza, tuttavia loro stessi hanno sofferto fisicamente per opera dello Stato. Ma sia se la resistenza contro i tiranni del governo sia violenta o no, lo sforzo di sovvertire l’oppressione dello Stato merita in entrambi i casi la definizione di puro patriottismo”.

Oggi invece i governi di tutti gli Stati del mondo e la stampa caratterizzano il patriottismo in modo antilogico condannando sistematicamente i veri patrioti, cioè quelli che oggi si oppongono ai “metodi anticostituzionali di imporci tasse sul reddito, o di costringerci ad utilizzare un sistema monetario ideato per servire i ricchi a scapito dei poveri”. Costoro “purtroppo vengono guardati da molti dall’alto in basso. Loro non vengono mai onorati come difensori della libertà come sono stati Gandhi e Martin Luther King” ed “anche i progressisti che si rifiutano di pagare le tasse in segno di protesta contro la guerra sono infamati, in particolar modo dagli statisti conservatori”. Così avviene che “per la paura di essere etichettati anti-patriottici, la maggior parte dei cittadini diventa servile e accetta l’idea che è necessario sacrificare la libertà per combattere una guerra per salvare la nostra sicurezza. Questo nella mia visione è uno scambio sciagurato, specialmente quando viene fatto in nome del patriottismo. La fedeltà allo Stato e ai leader autocratici si sostituisce al vero patriottismo – cioè, alla volontà di sfidare lo Stato e difendere il paese, le persone, la cultura. Più i tempi sono bui, più forti diventano i moniti che i leader non vengano criticati” (ibidem).

Fedeltà incondizionata e leccaculismo sono dunque la richiesta di Stato nelle coscienze dei “contribuenti”, che in verità contribuiscono al massacro di chi nasce in terre petrolifere. Per i regressivi buzzurri della civiltà armata prendere atto di ciò “è anti-patriottico e si deve fermare ogni forma di dissenso [ma] chi sono i veri patrioti: quelli che si sottomettono o quelli che protestano contro guerre immotivate?”. Ed io aggiungerei che non può esistere un motivo di guerra, dato che il motivo presume il concetto, ed il concetto in quanto immateriale non può far male. Dunque ciò che chiamiamo motivo per sopprimere altri è solo un pretesto per un impulso ad agire appartenente al sentire, non al pensare.“Randolph Bourne diceva che la guerra è la salute dello Stato, dimostrando che con la guerra lo Stato prospera”. Allora “come si può affermare che il cieco appoggio alla guerra […] sia il dovere del patriota?”. Solo i politici marci (cioè tutti o quasi) considerano la guerra un’opportunità, e “quelli che diffidano delle persone e del mercato per la risoluzione dei problemi non si fanno scrupoli nel promuovere una ‘psicologia della guerra’ per giustificare l’espansivo ruolo dello Stato”.

Certo è che tutto questa antilogica include sempre il ruolo che ogni governo gioca nelle esistenze e nelle transazioni economiche dei suoi “contribuenti”, vale a dire degli acefali credenti nella religione del bestialismo materialistico pratico o nel kantiano imperativo categorico, o ancora nell’obbligo morale a diffondere valori di civiltà attraverso la forza, che giustificano la guerra consegnando se stessi come massa stupida al supporto interno per la mano dura del governo. Di fronte a questa dinamica dei fatti, non dovremmo allora sorprenderci se le nostre libertà sono ridotte, o se l’economia è fallimentare, e si ingenera inciviltà (se mi guardi male, ti uccido!).

“Dato che l’aria di crisi che si crea in tempo di guerra supporta l’espansione dello Stato, qualsiasi problema porta a dichiarare “guerra” – anche alle questioni sociali ed economiche. Questo sprigiona il patriottismo anche a favore delle varie soluzioni del governo nel potenziare il potere dello Stato. La fiducia nella coercizione governativa e il non riuscire a comprendere come operano le società libere, favoriscono i progressisti ed i conservatori amanti dello “Stato onnipotente” che architettano una psicologia di guerra per ottenere la fedeltà politica negli affari interni, necessaria per perseguire la politica estera”.

In questo contesto di alienazione essenziale “il costo a lungo termine in dollari spesi e libertà perse è trascurato mentre si sottolineano i bisogni urgenti. È questa la ragione per la quale stiamo portando avanti un gran numero di guerre infinite contemporaneamente. Quindi la guerra alla droga, al possesso delle armi, alla povertà, all’analfabetismo, al terrorismo, così come le nostre avventure militari all’estero, sono eterne. Tutto questo sforzo favorisce l’espansione dello statalismo a scapito della libertà. Un governo ideato per operare in una società libera dovrebbe fare l’opposto: prevenire la crescita dello statalismo e preservare la libertà”.

Si invia così il soldato in guerra e contemporaneamente il messaggio che tu non devi obiettare o sarai dichiarato anti-patriottico. Tuttavia, conclude R. Paul, “non dobbiamo dimenticarci che il vero patriota è colui che protesta nonostante le conseguenze che potrebbero derivarne, la condanna o l’ostracismo, e a volte il carcere”.

Disobbedienza civile, non pagare le tasse, e non andare in guerra, sono pertanto l’unico vero patriottismo.

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Showing 13 comments
  • rik

    sono davvero fortunati o miracolati i”nostri” poitici,perche’ pur lavorando cosi tanto (come dicono loro),sfortunatamente per il paese,non rientrano mai nella statistica dei tre morti al giorno sul lavoro e purtroppo non vedo uno spiraglio di luce che mi dia speranza.Poi,a Paolo Cintolesi comunico che il mio forcone e’ solido,ben pulito, lucido e pronto all’uso.

  • paolo cintolesi

    Un pò di coraggio e occupare il Parlamento con i forconi, perché è l’ora di dire BASTA A QUESTI BASTARDI CORROTTI E PARASSITI!!

  • Caber

    nessuno saprebbe far funzionare il governo.
    è qui il dramma dello stato.

    al massimo ci sarebbe chi lo fa funzionare meglio di adesso…

  • hughich

    Visto che chiede cosa ne pensiamo scrivetegli qui
    http://nuovo.camera.it/29?shadow_deputato=302995
    io l’ho appena fatto :)

  • aerdna67

    …É UN PECCATO CHE TUTTI QUELLI CHE SAPREBBERO COME FAR FUNZIONARE IL GOVERNO SIANO TROPPO IMPEGNATI A TAGLIARE I CAPELLI O A GUIDARE I TAXI…

    …W L´ISLANDA…

    https://www.youtube.com/watch?v=EvHaSjiV4rA

  • rik

    per nostra disgrazia, di Paolini ce ne sono troppi che ”onorano” la cronaca parlamentere quotidiana.e che affondano ogni giorno di piu’ i loro artigli,nelle nostra tasche ormai sfinite.Certo che dire che ha la faccia come il c……. e’ fare un torto alla dignita’ del c…….;serebbe piu’ opportuno che spendesse un poco del suo tempo prezioso ( prezioso perche’ ci costa di tasca nostra) a volgere lo sguardo ed il pensiero,facendosi un esame di coscienza,nel caso la possegga,al 70% dei pensionati italiani,che dopo una vita di lavoro percepiscono una paensione (sich! direi obolo caritatis) di 500 Euro mensili che a differenza del suddetto o dei suddetti Paolini,,hanno versato per decenni,deducendo con sacrificio,da ben magri salari da fame.Ma come mi diceva un amico tanto rempo fa,quando c’e troppa democrazia,parlano anche le bestie.

  • Caber

    mi piacerebbe come arriva a contare 330 ore al mese questo paolini…

    in media ci dono 4,5 settimane al mese
    quindi 330/4,5=73 ore settimanali
    lavorano (a suo dire) 3,5 giorni a settimana
    quindi lavorano circa 21 ore al giorno…

    devo dire che non sembrava così duro il mestiere di parlamentare…

    • Borderline Keroro

      Deboluccio come sono in matematica non saprei dire se il mestiere di parlamentare è duro o meno.
      Sicuramente le mie scarpe antinfortunistiche, se applicate nel posto giusto, esprimono una certa consitenza.

  • Brillat-Savarin

    il vero patriota è colui che ama la sua famiglia, i suoi amici, che scambia con onestà con i suoi simili, che fa gesti spontanei di carità verso i meno fortunati di lui… e che se ignora lo stato, latro e camburrista…

  • Leonardo Facco

    IL PARLAMENTARE DELLA LEGA PAOLINI: GUADAGNIAMO TROPPO POCO!!!

    Luca Rodolfo Paolini (Lega Nord)
    seduta della Camera dei Deputati, 28 settembre 2011:

    Noi prendiamo molto meno di tanti direttori, segretari comunali e dirigenti locali, che zitti zitti portano a casa molti più soldi con molto minore impegno orario. Infatti, se consideriamo un parlamentare medio – io mi considero un parlamentare medio – che viene qui il lunedì pomeriggio e se ne va il giovedì sera, fa circa 330 ore al mese.
    Prendiamo 10 mila, 12 mila euro netti a seconda dei casi. Noi della Lega versiamo anche molto al partito, ma non tutti lo fanno. Noi portiamo a casa intorno ai 9.000 euro netti, con una busta paga di 20 o 25 euro l’ora. Sembra una cosa incredibile, ma se fate i conti è così. Allora, mi chiedo: è molto ? È poco?
    Lascio il giudizio al popolo, ma guardiamo anche chi si impegna molto meno sul piano orario.
    (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)

    • Borderline Keroro

      Leo, fatti i dovuti conti bisogna a malincuore ammettere che Paolini ha ragione.
      Bisogna fargli la mancia.

      P.S.: Leo, per caso hai visto dove ho messo la mazza da baseball?

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