All’Ispettorato per la Funzione Pubblica, Piazza Sant’Apollonia, 14 – 00153 – Roma
Con la presente si chiede il risarcimento ai sensi dell’art. 81 del R. D. 18 novembre 1923 n. 2440 del danno erariale causato dalla classe politica italiana, che ha provocato il dissesto finanziario in cui si trova l’amministrazione pubblica nel suo complesso.
La sussistenza del danno all’erario è evidente agli occhi di tutti visto il dissesto finanziario in cui si trova il paese. Il debito pubblico è pari a circa 120% del PIL, la spesa per interessi sul debito pubblico è pari a circa 75 miliardi di euro l’anno.
La consuetudine politica, sia in tempi di recessione che in tempi di ripresa economica, è stata sempre quella di spendere più di quanto si riusciva ad incassare con le imposte. Ciò è imputabile sia ai governi che hanno formato il debito pubblico (in particolare quelli che tra il 1981 ed il 1994 hanno visto crescere il debito pubblico dal 55% al 121% del PIL), sia quelli che si sono limitati a “gestirlo”, facendolo cioè crescere in valore assoluto dai 1.057,27 miliardi di euro del 1994 ai circa 1923 miliardi attuali.
La responsabilità dell’eccessivo indebitamento e quindi del dissesto finanziario attuale va attribuita alla classe politica e burocratica nel suo complesso: tutte le amministrazioni pubbliche funzionano con l’anticipazione della spesa e con la successiva ricerca di copertura: invece di spendere “solo” quello che si è incassato con la pur elevatissima pressione fiscale, si pianificano delle spese in quantità superiore alle entrate degli anni passati e persino in quantità superiore alle pur crescenti entrate programmate per gli anni futuri, e poi si va ad aumentare la tassazione e a fare nuovo debito per coprire i buchi di bilancio. Questo meccanismo perverso di “pianificazione del dissesto finanziario” non è mai stato messo in discussione, a nessun livello amministrativo.
La responsabilità del dissesto è inoltre diffusa tra tutti i livelli amministrativi e tra tutti i centri di spesa, e ciò è dovuto alle caratteristiche del sistema politico-amministrativo italiano: la tassazione prevalentemente centralizzata e la successiva distribuzione delle risorse alle amministrazioni locali ha deresponsabilizzato gli amministratori locali, che erano anzi considerati tanto più “bravi” quanto più riuscivano ad ottenere finanziamenti pubblici per spendere sul territorio. In tal modo tutti gli amministratori locali si sono resi complici di un sistema perverso di spesa ed hanno contribuito fattivamente al dissesto finanziario.
Anche il principio della spesa storica ha contribuito ad aggravare la situazione finanziaria italiana: gli enti locali pretendevano di ricevere sempre almeno tanti finanziamenti quanti ne avevano ricevuti l’anno precedente, indipendentemente dal fatto che avessero sostenuto delle spese straordinarie. Anche questo è un principio che non è stato mai ripudiato unilateralmente dagli amministratori.
L’adeguamento passivo di tutta la classe politica e burocratica a queste regole di cattiva gestione è stata la vera causa del dissesto finanziario italiano, e quindi chiediamo che vengano chiamati al risarcimento in solido tutti coloro che hanno ed hanno avuto la responsabilità della spesa pubblica, ossia i soggetti con potere decisionale in “tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale” (art. 1 comma 2 del decr. legislativo 30 marzo 2001, n.165).
L’entità del danno può essere quantificata nell’ammontare degli interessi passivi sul debito pubblico contratto dagli amministratori, pari a 75 miliardi l’anno. Gli amministratori attuali possono essere ritenuti responsabili per l’incremento del debito pubblico degli ultimi 5 anni, pari a circa 300 miliardi di euro, i cui interessi passivi possono essere stimati indicativamente in 12 miliardi di euro l’anno.
*SEGRETARIO CONFCONTRIBUENTI
-
[…] DEBITO PUBBLICO, RICHIESTA DANNI ALLA CASTA […]
[…] DEBITO PUBBLICO: RICHIESTA DANNI ALLA CASTA […]
Non solo sarebbe (devo purtroppo usare il condizionale) giusto,ma doveroso processare questi rapaci e mendaci bancarottieri,come stanno facendo gli islandesi;sarebbe bello proporre un referendum a tal fine,ma come dice Miragliotta,questi politi (si fa per dire) del gioco delletre carte, capaci a tutto,negherebero Cristo in croce perdue soldi.Spero che i black blok assaltino Montecitorio e non vetrine o auto della gente comune.
approvo!
Leggi, norme e regolamenti sono in mano loro. Le fanno, interpretano o modificano a loro piacimento.
Bisogna uscire dal loro STATO lasciandogli in mano un guscio vuoto da gestirsi insieme ai loro complici, clienti e parenti.
“Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruisci un nuovo modello che renda la realtà esistente obsoleta” (Richard Buckminster Fuller)
Mi associerei anch’io. Se non fosse che con i disordini di Roma e le persone che ne sono stati protagonisti si è finito come al solito per additare nuovi nemici della democrazia e della gente comune. Questa volta è toccato a quelli che hanno fatto casino a Roma. Ci sono due ipotesi : o fanno inconsapevomente il gioco di quelli che dicono di voler abbattere (cioè la casta politica) oppure sono davvero armati e organizzati da servizi di intelligence di stato che vogliono appunto ottenere di spostare l’attenzione dai colpevoli della situazione, i politici di oggi e di ieri, ao ragazzi di Roma
AMEN
1) mi associo alla richiesta di danni
2) Leo, non ti mai autorizzato a mettere in rete la mia foto !!!!!!!!!!!!!!! :D :P :D