Tempi duri per il Premier britannico David Cameron che ha dovuto fronteggiare un’aperta rivolta di parte consistente della rappresentanza conservatrice alla Camera dei comuni dove si votava su una mozione richiedente, nientemeno, la convocazione di un referendum popolare per confermare ovvero annullare l’adesione della Gran Bretagna all’Unione Europea.
Un tema davvero scottante, come facilmente immaginabile, un vero e proprio nervo scoperto che ha fatto riesplodere il mai sopito conflitto tra europeisti ed euroscettici in casa tory. Ben 79 (su 305 MPs) hanno votato a favore della proposta presentata dal deputato David Nuttall. Come dire che, senza il voto determinante dell’opposizione laburista, l’Esecutivo in carica da meno di un anno e mezzo sarebbe entrato inopinatamente in crisi.
Per dare l’idea del cataclisma basti ricordare che la più seria crisi euro-britannica aveva riguardato non più di 41 parlamentari che si opposero, nel 1993, alla ratifica del Trattato di Maastricht, tappa fondamentale sulla via verso il rafforzamento dell’unione federale e l’avvento della moneta unica.
Da quasi un ventennio, quindi, i fautori del riavvicinamento tra l’isola ed il continente sembravano dominare la scena senza particolari patemi. Ma ora, nel bel mezzo della più grave crisi economica degli ultimi tempi, molti inglesi, una maggioranza schiacciante di quasi il 70% a dar retta ai numeri, identifica proprio nella frettolosa rincorsa all’ortodossia europeista un pericolo di prima grandezza per la stabilità del sistema britannico peraltro già periclitante.
Molto impopolari appaiono, soprattutto, le spese crescenti per il mantenimento del costoso budget di Bruxelles ed il salasso alle viste per il salvataggio dei paesi impegolati sino al collo nell’incubo default. Comprensibile, quindi, che il non morire per Atene (o Lisbona) sia diventata, in pochi mesi, una parola d’ordine capace di mobilitare centinaia di migliaia di persone attorno alla campagna lanciata da un comitato ad hoc ed appoggiata da subito da diversi partiti ed organizzazioni tra cui spicca l’UKIP, oramai vera spina nel fianco della maggioranza liberal-conservatrice.
Quel che sembra certo è che i prossimi mesi si incaricheranno di chiarire se a sferrare il colpo decisivo al superstato europeo saranno le disastrate finanze dei paesi mediterranei o non piuttosto la fiera resistenza della perfida Albione.
“Tasformeremo la vostra piccola isoletta di pescatori in una colonia marina per i figli della lupa! Bivaccheremo a Piccadilly! E sostituiremo le guardie di Buckingham Palace con i nani del circo equestre!”
A conferma dell’opinione che il migliore dei liberali da salotto italiani non vale l’unghia del più tranquillo socialdemocratico scozzese :-)
(AGI) Londra – Una maggioranza semplice di inglesi, gallesi e nordirlandesi e’ favorevole all’indipendenza della Scozia. E’ quanto emerge da un sondaggio ComRes pubblicato dal domenicale dell’Independent che indica che in Inghilterra, Galles e Irlanda del nord il 39% ritiene che la Scozia debba avere un proprio Stato (+6% rispetto a maggio) contro un 38% contrario.
Il First minister scozzese, l’indipendentista dell’Snp, Alex Salmond, intende sottoporre la questione a referendum alla fine del suo mandato quinquennale, nel 2016.
Ho chiesto ad un mio amico inglese e mi ha risposto più o meno:
“Si tolgano pure dalle palle e in fretta. Fai conto che noi consideriamo gli Scozzesi più terroni di voi Italiani”