Recentemente si parla insistentemente di patrimoniale: l’obbiettivo è quello di risanare il bilancio e di ripianare almeno in parte il debito pubblico e per questo ci si interroga su chi debba pagare, cercando di non far pagare “sempre i soliti”.
Si sostiene che chi ha di più debba contribuire, con la patrimoniale, pagando una parte di quello che ha accumulato negli anni, senza tener conto del fatto che chi ha prodotto e guadagnato di più ha anche dato più lavoro, creato più benessere per tutti e, di conseguenza, pagato più tasse.
Il discorso è in genere incentrato sulla “solidarietà”, per cui chi ha di più “deve” dare di più (come se la tassazione in Italia non fosse già progressiva), oppure è spesso argomentato con una odiosa presunzione di colpevolezza: chi ha fatto i soldi è come minimo un evasore, se non anche uno sfruttatore ed un delinquente.
Eppure il discorso potrebbe e dovrebbe essere ribaltato: invece di obbligare a pagare ancora quelli che hanno già dato più o meno (sempre e comunque in funzione delle proprie possibilità, come prevede la nostra Costituzione), si dovrebbe andare a vedere chi ha ricevuto di più, e chiedergli magari di restituire una parte di quanto ha ricevuto negli ultimi 32 anni.
Dal 1980 al 2011 la spesa pubblica è variata tra il minimo del 1980 (41,4% del PIL) ed il massimo del 1993 (56,6% del PIL). In media è stata pari al 50% del PIL. A valori correnti la spesa pubblica degli ultimi 32 anni è stata quindi nel complesso pari a circa 25.000 miliardi di euro, pari al 1600% del PIL, 13 volte superiore al debito pubblico. Con quella cifra ci si potrebbero costruire 25 milioni di appartamenti. Questa spesa pubblica è stata finanziata con tasse e con debito pubblico e, dal lato della spesa, è stata in parte stata accumulata dai beneficiari della spesa pubblica. In altre parole, i contribuenti hanno pagato le tasse e, oltre alle tasse, si sono visti addebitare debiti ed interessi sui debiti, mentre i beneficiari della spesa pubblica accumulavano un patrimonio, e non lo accumulavano conquistando clienti sul mercato e creando posti di lavoro e benessere, ma semplicemente intascando le nostre tasse.
Sarà perché hanno la coscienza sporca, ma i primi a parlare di patrimoniale sono proprio alcuni tra quelli che hanno fatto i soldi sottraendoli ai contribuenti.
Penso a chi sarebbe disposto ad imporre una patrimoniale di 30.000 euro ai più ricchi, ma guadagna 30.000 euro al mese di pensione (soldi dei contribuenti) per aver fatto il professore ed il politico ad altissimo livello, ossia per aver insegnato e messo in pratica le sciocchezze che hanno potato alla rovina il nostro paese.
In generale tutta la classe politica potrebbe essere chiamata sul banco degli imputati per i danni arrecati all’erario, per aver sperperato quei 25.000 miliardi di euro ed intascato, più o meno immeritatamente, stipendi e pensioni d’oro. Per molti di questi sarebbe “giusta” una patrimoniale al 100%.
Un altro esempio: una patrimoniale al 100% sulle azioni di chi controlla le società che hanno potuto “socializzare le perdite e privatizzare gli utili” (guarda caso, vi sono anche autorevoli esponenti di questa categoria che predicano a favore della patrimoniale: anche loro hanno la coscienza sporca?). I soldi dei contribuenti sono andati a coprire i loro buchi di bilancio ed alla fine il loro patrimonio è rimasto intatto senza che i contribuenti diventassero “soci”, nonostante avessero apportato montagne di capitale.
Un altro esempio: una patrimoniale al 100% sul patrimonio immobiliare accumulato dai sindacati, che per decenni hanno fatto la cresta sui contributi dei lavoratori, o sugli immobili dei partiti, che intascavano rimborsi elettorali molte volte superiori alle spese sostenute.
Pensiamo poi ad una patrimoniale per i baby pensionati, che hanno pagato contributi per 16 anni e sono in pensione da 40: i loro “diritti acquisiti” sono per noi “doveri acquisiti” nonché “diritti non acquisibili”. Pagheremo per tutta la vita la pensione a loro e noi non ne avremo una. Se in questi 40 anni si saranno comprati una casa l’avranno fatto con le tasse dei contribuenti! Questo non è Stato di diritto, è riduzione in schiavitù!
Per non parlare delle associazioni “culturali”, dalle bocciofile alle associazioni per realizzare i carri di carnevale: i comuni, le province e le regioni per decenni hanno finanziato gli hobby degli amici degli assessori di turno. Siamo sicuri che sia questa la funzione dello Stato? E per risanare il debito pubblico sarebbe più giusto chiedere la restituzione di quello che hanno ricevuto negli anni o andare a battere cassa da quelli che in tutti questi anni hanno pagato le tasse e hanno finanziato gli svaghi agli altri?
Si potrebbe dire che così viene meno lo Stato di diritto: sarebbe ingiusto se lo Stato si rimangiasse la parola? Certo. Ma è ancora più ingiusto che chi paga le tasse debba finanziare i patrimoni e gli hobby ai privilegiati e ai loro amici e come se non bastasse si trovi sul collo anche il debito pubblico e gli interessi sul debito pubblico, perché pur pagando più del 50% dei propri redditi i soldi allo Stato non bastano mai!
Pensioni d’oro, burocrati, politici, partiti, clientele, imprenditori “amici degli amici”, che vivono di commesse pubbliche… tutti hanno messo in tasca soldi pubblici alimentando il debito pubblico. Perché devono pagare i contribuenti, con tasse su redditi, patrimoni o consumi? Restituiscano loro quello che hanno accumulato. Si ripianerebbe una bella fetta di debito pubblico!
*FONDATORE di CONFCONTRIBUENTI
Ricordo che una volta contestai Ettore Beggiato che con la pubblicazione di un libro sull’argomento, diffondeva l’illusione che poiché il plebiscito di annessione del Veneto al Regno d’Italia fu fraudolento, sventolando un bignamino di Diritto, si potesse andare davanti ad un giudice di pace ed invalidare tutto.
I plebisciti si fanno sempre dopo di una conquista, per quanto ne so, forse li hanno fatti anche Hitler nei Sudeti, i cinesi in Tibet, Saddam in Kuwait, … hanno solo un valore “pro forma”, contano nulla, ciò che conta è la conquista fatta.
Sostenevo come non avesse senso rivangare vecchie storie, ché per rimuovere un vecchio padrone serve o una nuova conquista da parte di altro padrone o che il Veneto da solo conquisti la sua libertà, giacché nel diritto internazionale le conquiste e le controconquiste, si fanno sempre solo con le spade, sguainate o nel fodero, ma con le spade.
Analogamente non ha senso proporre, anche solamente pensare, che chi dalla alta tassazione ha tratto di ché vivere bene, se ne esca con una legge che modifichi il sistema e le personali abitudini alla bella vita. Quando Tremonti disse che gli servivano ………… euro per rimettere ordine nei conti pubblici, ci fu un fiorire di proposte subito rilanciate dai media ed indistintamente “tutte” miravano a distogliere l’attenzione dalla casta del magna magna.
Che qualcosa cambi senza forconi e ghigliottina, per casta laica e casta religiosa, è una bella illusione, degna del paradiso dopo la morte e dell’inferno da vivi.
Perché dimenticarsi dei banchieri?
I sacrificabili
di Uriel Fanelli – 15/09/2011
Fonte: Wolfstep
Non so se avete notato, ma ultimamente si parla sempre piu’ frequentemente di “Patrimoniale”.
Prima erano solo quelli del Sel, poi anche nel PD hanno rotto gli indugi, poi si sono uniti i
centristi, e alla fine anche nel governo qualcuno inizia a mostrarsi possibilista. Come mai
questo cambio di rotta?
Il punto e’, essenzialmente, che la distribuzione della ricchezza e’ diventata, nel tempo,
assai poco lineare.
Il sistema italiano beneficia l’eta’ (perche’ venendo meno la progressivita’ del sistema
fiscale – troppe tasse su merci e aziende e poche sui patrimoni personali – chi ha accumula
rendita) e beneficia chi gia’ possiede delle posizioni di rendita, proteggendole ad oltranza
e scaricando il carico fiscale su tutti gli altri.
Nel tempo, questo seleziona una piccola minoranza – minoranza che diventa sempre piu’ sparuta
col passare degli anni – che possiede gran parte della ricchezza.
Quando parlo di ricchezza non intendo “possiede un’azienda”: l’azienda puo’ andare bene o male,
puo’ fallire o prosperare ed e’ soggetta a rischio. Intendo un gruzzolo, una montagnola di
ricchezze che NON corre rischio alcuno: soldi in banca, investimenti in fondi bilanciati,
immobili, terre, etc.
Oggi come oggi, la media delle “ricchezze” degli italiani e’ di oltre centomila (!) euro/famiglia.
Ma si tratta di una media di Trilussa: la distribuzione e’ cosi’ sbilanciata che in pratica quasi
tutta questa ricchezza appartiene al 10% della popolazione. Il resto “galleggia” attorno allo zero,
piu’ o meno dieci/quindicimila euro.
Come tutte le situazioni, questa situazione ha pro e contro. La situazione di pro e’ che puo’
nascere una cosiddetta “economia del lusso”. L’economia del lusso e’ quell’economia per la
quale tutti inseguono questo 10% di clienti, e il resto viene lasciato a prodotti di importazione
e/o di scarso valore, oppure si indebita per possedere l’ultimo cellulare di Apple.
Questo produce, ovviamente, una desertificazione industriale (nel senso che lo sforzo non e’
tanto quello di produrre , ma quello di convincere quel 10% della popolazione a comprare ed
il resto ad indebitarsi per comprare, cioe’ Marketing) unitamente ad un crollo dei margini
di contribuzione per la catena di distribuzione.
In una economia che si chiama “economia del lusso” ci sono POCHI rivenditori ( ed essere in
questa cerchia e’ , a sua volta, una rendita) che possono fare alti margini vendendo ai pochi
ricchi. Il resto fa margini bassissimi e viene distrutto dalla grande distribuzione, oppure
e’ legato all’indebitamento del cliente, cioe’ orbita attorno agli istituti che fanno credito
al consumo.
Il vantaggio di questa economia e’ quello di autosostenersi e di caratterizzarsi sempre di piu’.
Se osserviamo gli ultimi 20 anni di economia italiana, notiamo che (mano a mano che si va avanti)
la ricchezza degli italiani e’ concentrata in un numero di mani sempre piu’ piccolo. Oggi,
“tagliando” il 90% della riccezza otteniamo poco meno del 10% della popolazione.
E’ facile proiettare che , con l’andamento attuale, entro 5 anni il 90% della ricchezza sara’
in mano al 5% della popolazione, che rappresenta un limite oltre il quale normalmente avviene
il collasso industriale: le probabilita’ di incontrare un cliente per un bene di qualita’ o
per un servizio avanzato sono cosi’ basse (e la fila cosi’ lunga) che di fatto conviene produrre
per stranieri oppure darsi ai consumi di base.
In pratica, una volta iniziata una “economia del lusso” si ha una restrizione della base di
clienti. Questo produce per selezione la fuga dei produttori verso altri mercati, o la loro
chiusura. Questo concentra i soldi nelle mani dei pochi produttori che ancora vendono, i quali
alzano i prezzi, e il risultato finale e’ che alla fine rimangono pochissimi produttori di generi
di lusso, pochissimi ricchi, pochissimi venditori specializzati e fidelizzatissimi, e il resto
langue.
Anche sul piano finanziario le cose non vanno meglio. Un 10% della popolazione ha molti liquidi
da gestire e ha molti immobili, cioe’ e’ molto solvibile. Il resto fa debiti per uno stile di
vita che non puo’ piu’ sostenere altrimenti. Ci sono allora due settori che le banche trovano
PIU’ vantaggiosi che il credito alle imprese:
1. Il credito al consumo.
Prestiti a coloro che comprano cose che NON possono permettersi,
ivi compresa la casa.
2. Gestione patrimoniale.
Private bankers, brokering &co, gestione di portafogli e di investimenti azionistici.
Ovviamente, non c’e’ piu’ posto per i finanziamenti alle imprese. Essi sono rischiosi, mentre finanziare
un ricco non e’ rischioso. Essi sono onerosi, perche’ le imprese chiedono molti soldi e
in caso di fallimento non torna nulla: meglio prestare 800 euro per un iPhone ad un poveraccio
che comunque li paghera’.
Cosi’, l’economia del lusso si autosostiene e produce se’ stessa tra gli effetti della
propria esistenza.
Adesso andiamo ai “contro”. C’e’ un limite oltre il quale i ricchi sono troppo pochi.
Sono troppo pochi per la catena produttiva, i cui prodotti devono essere cosi’ esclusivi
da colpire i ricchissimi, MA hanno solo un 5% di probabilita’ che passi un cliente. Sono
troppo pochi per le banche, che non possono vivere solo gestendo il patrimonio altrui, perche’
altrimenti il patrimonio altrui diventa azionista di maggioranza. Oggi le banche scalabili in
italia sono troppe, e mano a mano che i ricchi diventano piu’ ricchi, il pericolo aumenta.
Mano a mano che il tasso di disoccupazione aumenta, il credito al consumo cala, e anche i
mutui vengono erogati con sempre maggiore difficolta’. E c’e’ un limite alla quantita’ di
immobili ALTRUI che le RE sono disposte a gestire.
Cosi’, ad un certo punto questa piccola minoranza diventa scomoda, e tutti gli attori iniziano
a pensare con nostalgia ai bei tempi del ceto medio.
D’altro canto, ed e’ quello che stiamo vedendo oggi, al calare del numero di ricchi aumenta
sempre di piu’ il “who cares of them?”. Perche’ questo e’ il punto di oggi, ed e’ il punto
che ci porta alla questione “Patrimoniale” e default.
Chi e’, di preciso, nelle condizioni di considerare il default come l’apocalisse dei propri
beni? Chi ha MOLTI soldi investiti in btp, chi ha MOLTI soldi investiti in banca, chi ha MOLTI
liquidi gestiti dalle banche (private bankers &co).
Ma queste persone sono , oggi, il 10% della popolazione. Sono essenzialmente il 10% dei consumi
“di base”. Cento persone che entrano in pizzeria a comprare una pizza riempiono la pizzeria.
Una persona che entra al ristorante a mangiare caviale e’ un cliente solo in un giorno.
Se io ho una casa, una automobile, per dire, il ricco che guadagna 1000 volte piu’ di me
NON ha mille case, mille automobili. Ha UNA casa molto costosa e UNA automobile molto costosa.
Il che puo’ equilibrare il conto di alcune industrie, ma UNA casa molto costosa ha ancora bisogno
di UN notaio che ne faccia l’atto, mentre MILLE case sfamano MILLE notai. UNA auto molto costosa
ha bisogno di UN meccanico e di UN benzinaio, mentre MILLE utilitarie sfamano mille meccanici e
mille benzinai.
La morale della storia e’ che anche sul piano macroeconomico questa piccola minoranza e’ sempre
piu’ irrilevante. I ricchi sono diventati cosi’ pochi che, paradossalmente, possiamo fare a meno
di loro.
Sono stato in Italia, ultimamente, per le mie ferie. Nonostante si continui a parlare di “crisi”
ho visto gente fare lo stesso stile di vita che ho io. Ma il problema e’ che lavorando in Germania
la mia retribuzione attuale e’ MOLTO piu’ alta della loro. Cosa permette ad un carabiniere che
guadagna 1500 euro/mese di fare un certo stile di vita nonostante la crisi? Cosa permette ad un
fornaio, nonostante la crisi dei negozianti, di andarsene allegramente in giro griffato?
La domanda ha una semplice risposta: la crisi finanziaria (e di riflesso immobiliare) colpisce
e sta colpendo duramente il 10% della popolazione. Il resto continua a galleggiare, magari non
benissimo, esattamente come prima.
Dopo il mese nero di Agosto , che ha massacrato le borse europee e quella di Milano, mi aspettavo
quello che vidi dopo gli affari Cirio/Parmalat/Tango. All’epoca avevo ancora un helpdesk e parlavo
con altri professionisti (molti clienti) e titolari di imprese. I quali non mi raccontavano che di
gente che aveva avuto la liquidazione mangiata, i risparmi di una vita mangiati, l’eredita’ del
nonno mangiata. Era il ceto medio massacrato.
Oggi assisto ad una catastrofe di dimensioni ancora peggiori, ma non incontro quasi mai gente
massacrata in quel modo. Il motivo e’ che nonostante lo stile di vita, NESSUNO di questi ha il
TIPO di capitale che viene massacrato.
Ai tempi di Cirio/Parmalat/Tango, le vittime erano risparmiatori. Oggi sono persone che fanno
private banking: ma il private banker inizia ad accettarvi come clienti attorno ai 500.000 euro.
(alcuni di bocca buona scendono sino ai 150.000, che io sappia, tipo Mediolanum). Cosi’, tra
quelli che conosco, NESSUNO e’ stato falciato dalla tempesta di agosto, mentre anni fa, di
quelli che conoscevo, quasi un terzo era alle lacrime. E per cifre che erano molto inferiori.
Il solo personaggio inficiato (che ha, ultimamente, la faccia MOLTO scura) e’ uno che mi ha
detto “eh, certe volte invidio chi non ha niente, come te, che non ha preoccupazioni”. Ma io
non mi reputo uno che “non ha niente”: alla mia famiglia non manca nulla, direi. Dunque, che
cos’e’ che io NON avrei? Quello che NON ho sono, ovviamente, i 500.000 che lui ha da un
private banker, e che teme di perdere.
Quindi si, siamo arrivati al punto in cui I RICCHI hanno paura. I RICCHI temono.
Sicuramente anche la famiglia che ha le “poche” migliaia di euro da parte si preoccupa.
Si preoccupa a mio avviso a vanvera. Se consideriamo l’andazzo delle crisi, 2001/2005/2008/2011,
la stragrande maggioranza di questi soldini li avete fatti in pochi anni. Esisteranno delle
eccezioni, ma dovete rendervi conto che, sebbene lo abbiate sudato faticosamente, quel gruzzoletto
ve lo siete fatti in pochi anni.
Se pensate a questi ricconi, che sono anche anziani, quel 10% della popolazione il gruzzolone
se lo e’ fatto in UNA VITA . Il che significa, essenzialmente, che mentre voi (=noi) possiamo
ricostruire la perdita in 5/10 anni, loro NON possono.
Adesso torniamo alla patrimoniale e al default. Se il paese andasse in default, ovviamente
questi ricconi sarebbero rovinati. Ma sanno anche di essere soli. E sanno che nessuno, o quasi,
si accorgerebbe di loro.
Il loro numero esiguo li rende sempre MENO attraenti per la politica. Specialmente se si tornasse
ad un proporzionale puro. Il loro numero esiguo li rende sempre MENO attraenti per il commercio.
Il loro numero esiguo li rende sempre MENO attraenti per l’industria.
I disoccupati, che sono circa l’ 8.5% della popolazione, pesano ormai quanto i ricchi. Ai tempi
del ceto medio, la fascia dal “benestante” in su pesava quattro volte i disoccupati sul piano
politico, e quasi venti volte sul piano del commercio e dell’industria.
Cosi’, oggi i ricchi scoprono di essere “il maiale piu’ grasso il primo di Dicembre”. E’ il
primo di dicembre perche’ si deve uccidere un maiale. E loro sono il solo maiale grasso.
Le loro lobby hanno tentato -inutilmente- di indicare la casta dei parlamentari come, il maiale
grasso, cosi’ come hanno tentato di indicare nei beni dello stato quelli che pagano il conto.
Ma i parlamentari sul piano politico sono MOLTO piu’ robusti, ne’ si puo’ far cadere il governo
oggi, arriverebbe subito il default che loro stessi temono, e i beni dello stato sono inventariati
cosi’ male che solo per stimarne il valore ed avviare le procedure di vendita occorrerebbero ANNI.
Cosi’, si parla di patrimoniale. Il ricco sa che se arriva il default perdera’ tutto, e sa che,
anche se il paese ricomincerebbe a correre di 90 miliardi l’anno (gli interessi che NON
pagheremmo piu’) alla sua eta’ non potra’ piu’ riaccumulare daccapo i soldi che aveva.
Cosi’ e’, bonta’ sua, oggi piu’ disposto a pagare una patrimoniale che scongiuri il pericolo
di perdere TUTTO.
Ma dimentica forse una cosa: che la patrimoniale l’ha gia’ pagata ad Agosto. Che vada a
vedere i suoi investimenti in borsa, e ci faccia sapere. Gli rimangono gli immobili, ma –
nonostante le euforie, se tentasse di ricapitalizzarli avrebbe cattivissime sorprese. Il
loro valore e’ solo sulla carta.
Cosi’ oggi questo 10% si trova in una situazione molto critica: o il governo fa una
patrimoniale da 300 miliardi in su, l’unico modo per tagliare il debito, oppure la
patrimoniale la fara’ il mercato, che ha gia’ iniziato ed e’ a BUON PUNTO.
I giornali della “finanza bene” stanno ancora patrocinando la svendita dei tesori
industriali di stato, ma noto che ultimamente non lo dicono piu’. Poco prima, infatti,
era quasi certo che svendendo ENI sarebbe finita in mano a BP. Cosi’ i servi degli
angli proponevano ogni giorno di vendere ENI. Oggi, pero’, abbiamo un ministro che
parla coi cinesi, i paesi del BRIC che annunciano investimenti in Italia (e no, non
compreranno btp , compreranno industrie), e un premier che la prossima settimana va
in Russia. Il padrone ariano non e’ piu’ AFFATTO sicuro che ENEL, ENI &co finiranno
in mano sua, anzi. E cosi’, anche questa ipotesi viene pronunciata a voce sempre piu’
bassa. ENEL interessa ai francesi, ma sarebbe un disastro se finisse in mano a cinesi ,
brasiliani, indiani o russi. E faccio notare che non sappiamo ancora come si muoverebbero
i fondi sovrani arabi.
Morale: ci resta solo da ammazzare il maiale. Il maiale sono quei 10% che possiedono
tutto. E che stanno iniziando ad accettare di perdere qualcosa perche’ temono di perdere tutto.
Sfortunatamente (per loro), Berlusconi si oppone all’idea di patrimoniale. E cosi’,
anziche’ perdere qualcosa rischiano di perdere tutto.
Nell’indifferenza collettiva di gente che nel bel mezzo della crisi e del default
continuera’ come se nulla fosse, mentre loro se ne stanno a piangere per le perdite.
E’ lo svantaggio di essere il 10% di maiali grassi, quando si avvicina Dicembre.
Forse era meglio quando c’era il ceto medio, eh?
Mai lette tante caxxate tutte in una volta in vita mia XD. Ma chi ha scritto sto articolo era sobrio?? Mi sa di no… a giudicare da ciò che ha scritto. Il maiale grasso sono altri non i riccastri malefici… ed inoltre ci sono fior fior di dati dimostrativi, studi di economisti ecc ecc… che dimostrano che la patrimonialetta tanto amata è inutile ed anzi nel tempo sul PIL nazionale diventa controproducente. Un esempio lampante ne è la Francia che dopo decenni di tale tassa demagogica, l’ha finalmente capito… e difatti prima aveva intenzione di abolirla addirittura, poi ha corretto il tiro riducendola drasticamente… ok mejo de nulla cmq. In Italia addirittura si vuole introdurla!! XD!! Ecco perchè al governo ci sono soltanto gente ignorante e pagliacci, che sono soltanto lì per avere altri soldi e continuare a vivere da parassiti. Un vero schifo.