“Non possiamo consentire alla politica di far perdere posti di lavoro: le spese per le infrastrutture sono cruciali. Servono investimenti seri nelle infrastrutture. E’ il momento di mettere il paese davanti ai partiti. E’ inaccettabile mettere posti di lavoro a rischio nel settore delle costruzioni, già colpita dalla crisi.” (B. Obama)
Questa potrebbe essere un’anticipazione del discorso che Obama terrà nei prossimi giorni “a favore dell’occupazione”. Leggendo cose del genere ci si rende conto che il livello del dibattito politico non è deprimente solo in Italia.
Quello della salvaguardia e/o della creazione dei posti di lavoro è uno dei must di ogni governante (che così può sentirsi una sorta di divinità), e Obama non fa eccezione. Ricordate, all’indomani della sua elezione alla presidenza, i commenti entusiastici sulla venuta del nuovo Messia? Ebbene, quando Obama entrò alla Casa Bianca, nel gennaio del 2009, il tasso di disoccupazione era al 7.8 per cento. Dopo due anni e mezzo di politiche fiscali espansive, peraltro già iniziate dal predecessore Bush Jr, il tasso di disoccupazione è al 9.1 per cento. E la politica monetaria non ha certo rappresentato un freno, essendo stata ancor più espansiva di quella fiscale.
Con il deficit oltre il 10 per cento del Pil e il debito federale che si avvicina a 15mila miliardi di dollari, adesso Obama pare voler spendere altri soldi (a debito) per infrastrutture perché, a suo dire, “è inaccettabile mettere posti di lavoro a rischio nel settore delle costruzioni, già colpita dalla crisi”. Poco importa se buona parte dell’occupazione nel settore delle costruzioni fosse legata agli investimenti, rivelatisi errati, eccessivi e insostenibili, figli della bolla immobiliare generata dalla politica monetaria della Fed e dalle politiche delle amministrazioni Clinton e Bush Jr volte a far acquistare una casa anche a chi avrebbe avuto scarse probabilità di essere in grado di pagare un mutuo.
Ecco: di fronte a questo scenario, i fautori delle politiche della spesa a debito e della stampa di denaro continueranno a sostenere che senza il loro intervento adesso le cose andrebbero ancora peggio, e che “non possiamo consentire alla politica di far perdere posti di lavoro”. E giù altra spesa in deficit, con la Fed a stampare soldi. Come se l’esperienza non avesse insegnato loro un bel nulla.
Se molti economisti ignorano totalmente la scuola austriaca e conoscono quasi unicamente keynes, come possiamo pretendere che i politici siano meglio?!
La cosa divertente è che anche la Casa Bianca ha (indirettamente) confermato che, se non ci fosse stato lo “stimolo”, adesso la disoccupazione sarebbe più bassa. Prima di mettere in atto il “piano di recupero” per l’ economia, Obama presentò un grafico sull’ andamento della disoccupazione: una curva descriveva quella prevista con lo “stimolo”, l’ altra quella prevista senza.
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Non solo la disoccupazione attuale è superiore a quella prevista con lo “stimolo”, ma è almeno un punto percentuale al di sopra di quella che ci sarebbe stata senza lo “stimolo” ! Morale della favola: si sarebbero potuti risparmiare un sacco di soldi pubblici ed ottenere risultati migliori.
Stanno solo rimandando il momento della resa dei conti sperando di non restare con il cerino in mano e portando via quanta più argenteria possibile dalla sala da pranzo.