DA “LA REPUBBLICA”: BERLINO – Clamorosa vittoria giudiziaria e politica delle nuove destre radicali europee. Geert Wilders, il giovane, popolare leader anti-islamico del ‘Partito della libertà’ (Pvv) olandese, è stato assolto oggi dall’accusa di aver istigato all’odio contro i musulmani. Wilders era imputato, a un dibattimento iniziato a gennaio, per aver paragonato il Corano a “Mein Kampf”, il libro-manifesto di Adolf Hitler, e aver definito l’Islam “un’ideologia fascista”. La sentenza divide l’Olanda, l’Europa, il mondo. Wilders ha parlato raggiante di “una vittoria della libertà d’espressione”, ma i legali dei musulmani che lo avevano denunciato preannunciano un ricorso presso la Corte europea di giustizia e le Nazioni Unite. E al Cairo i Fratelli musulmani parlano di “sentenza pericolosa” per il clima tra musulmani e cristiani, tra mondo islamico e Occidente.
SULL’ONDA DEL FATTO DI ATTUALITA’ (a noi non interessa dare ragione o meno al leader olandese), RIPROPONIAMO UN ARTICOLO INTITOLATO “LEGISLAZIONE NEGAZIONISTA, IPOCRITA E LIBERTICIDA”.
DI CARLO ZUCCHI
In seguito alla proposta di legge del Ministro Mastella relativa all’istituzione del reato di negazionismo, riferito all’olocausto, è interessante vedere come anche in altri paesi viene trattata la materia. Come ben documentato da Mario Spataro nel suo libro Il bavaglio europeista, in Germania, il 28 ottobre 1994, attraverso la legge Deckert che revisionò l’articolo 130 del codice penale, venne ritenuto comportamento criminale qualsiasi atto che “pubblicamente o in gruppo, e in modalità tali da costituire minaccia per la quiete pubblica, avalli, neghi o banalizzi atti commessi sotto il regime nazionalsocialista…”.
Nonostante la quasi unanimità degli studiosi tedeschi l’abbia definita “un attacco contro la libertà intellettuale dei dissidenti e un classico esempio di legislazione voluta per contrastare una specifica opinione”, e un appello firmato da cento persone sul Frankfurter Allgemeine Zeitung il 17 maggio 1996, la legge venne approvata e dopo due giorni calò il silenzio su quell’appello. Secondo lo storico svizzero Jurgen Graf, nella Germania di oggi, il numero dei libri vietati superebbe quello esistente nella Germania hitleriana. Emblema di questa barbarie giuridica è il caso di Fredrick Töben, cittadino australiano che gestisce un sito revisionista. Il 9 aprile 1999 ebbe la sciagurata idea di andare in Germania e lì venne arrestato e tradotto nel carcere di Mannheim a seguito di ciò che aveva scritto in Australia! Il tribunale penale di Mannheim ritenne che la magistratura tedesca non avesse giurisdizione alcuna su pubblicazioni straniere diffuse via internet. Ciò nonostante, il pubblico ministero Hans Heiko Klein ricorse in appello e il tribunale federale penale accolse la tesi di Klein sostenendo che il materiale in questione era da considerarsi soggetto alle norme tedesche in materia di controllo della stampa, in quanto accessibile agli utenti tedeschi! Dal proprio governo Töben non ebbe che la normale assistenza consolare e quando il processo ebbe inizio l’8 novembre 1999, lui e il suo avvocato non aprirono bocca in quanto la legge tedesca prevede che anche le parole usate in dibattimento possono essere motivo di ulteriori incriminazioni, e ciò vale anche per gli avvocati, che potrebbero essere arrestati in aula se nel corso di un’arringa osassero fare affermazioni non politicamente corrette sul nazismo e l’immigrazione extracomunitaria.
Sempre ne Il bavaglio europeista di Mario Spataro, possiamo leggere che in Francia, nel 2000, l’assemblea generale francese ha approvato una risoluzione che definiva ”genocidio” la strage perpetrata nel 1915 dai turchi ai danni degli armeni. Si aprì un dibattito con il governo turco sul numero delle vittime (700000 per i turchi, 1600000 per i francesi) e sul rifiuto delle autorità turche del termine genocidio in quanto esse ritenevano che i decessi fossero stati dovuti alle marce di trasferimento cui le autorità dell’epoca avevano dovuto far ricorso per allontanare gli armeni dalle zone in cui gli stessi appoggiavano le truppe russe allora in guerra contro l’impero ottomano. Un dibattito di tal genere non si è aperto in seguito all’approvazione della legge Fabius-Gayssot, avvenuta in piena notte, il 13 luglio del 1990, quando molti deputati erano in ferie. Questa legge (detta anche Lex Faurissoniana), proposta dall’allora ministro comunista Jaen-Claude Gayssot, a cui si associò il collega socialista Laurent Fabius, venne approvata soprattutto in seguito alle polemiche suscitate dallo storico revisionista Robert Faurisson, uno dei relatori presenti alla conferenza di Teheran del 12 dicembre 2006, promossa dall’attuale presidente iraniano Ahmadinejad. La legge prevede fino a un anno di reclusione e una fortissima ammenda per chiunque esprima opinioni revisioniste e per chiunque intraprenda ogni ricerca storica che voglia mettere in discussione, interamente o solo in parte, i giudizi del tribunale di Norimberga. Tutto questo, viene esteso all’intera questione razziale, infatti, un semplice provvedimento amministrativo in Francia può portare allo scioglimento di qualsiasi organizzazione contraria alla società multietnica, tanto che ogni associazione antirazzista, anche se non direttamente danneggiata o coinvolta, hai diritto di chiedere e ottenere risarcimenti da chi scrive e pubblica scritti non politicamente corretti in materia razziale. Il processo a Oriana Fallaci insegna. In ogni modo, il processo intentato a Faurisson il 9 ottobre 1998 durò appena un’ora, poiché il tribunale si rifiutò di ascoltare le ragioni della difesa. Anche in Francia, come in Germania, le critiche mosse da più parti non sortirono effetti.
Altro caso interessante è quello di Paul Rassinier. Socialista, pacifista e antifascista convinto, entrò nella resistenza in seguito all’occupazione tedesca, nel 1943 fu catturato e deportato a Buchenwald e a Dora, per poi essere liberato dagli americani nel 1945. Riconosciutagli un’invalidità del 100% più 5, venne eletto parlamentare socialista, ma ritenne esagerate alcune delle cose dette sulle deportazioni naziste, tanto che pubblicò un libro dal titolo La menzogna di Ulisse, che in parte smentiva quanto veniva affermato sui campi di concentramento tedeschi. Nel libro si legge che i kapo, in gran parte comunisti legati tra loro da un ferreo patto di complicità, commettevano i crimini più efferati per guadagnarsi i favori delle SS e il controllo dei viveri e dell’infermeria, e tiranneggiavano i prigionieri con soprusi, odi politici, discriminazioni e furti. Man mano che il suo libro andava a ruba Raissinier vide la sua popolarità crollare fino a che non si trovò isolato, tanto che in seguito finì sotto processo a Lione sulla base delle accuse relative ai documenti forniti dalla Anti Defamation League. Accusato di aver diffamato e offeso l’onore della resistenza, Raissinier venne condannato quale autore del libro La menzogna di Ulisse, come pure l’autore della prefazione Albert Paraz e la casa editrice per aver divulgato l’opera. Galera, multa e risarcimento di danni morali a una delle tante federazioni partigiani e deportati. La sentenza fu confermata in appello, mentre in cassazione fu parzialmente modificata; il risarcimento non era più dovuto in quanto le sue critiche non erano rivolte ad alcuno in particolare. La colpevolezza del reato di fascismo venne confermata, mentre la sentenza non disse nulla sul fatto che la libertà di stampa consentiva comunque a Raissinier di riferire liberamente le proprie tristi esperienze di deportato, quali che esse fossero.
Questi casi mi sono parsi emblematici, ma tanti altri ce ne sono. Il caso delle sanzioni all’Austria in seguito all’entrata nel governo di Joerg Haider in seguito ad elezioni democratiche, e la condanna inflitta a Robert Irving, proprio dai tribunali austriaci, sono storia recente. Chi ha pubblicato, anche solo sul web, fatti ritenuti compromettenti sulla vulgata antifascista, stia attento, specie se ha intenzione di andare in Germania. Inoltre, non ci sarebbe da meravigliarsi se un giorno, in ambito UE si approvasse una norma, magari retroattiva, in base alla quale si possa perseguire chiunque possa aver messo in dubbio i sacri testi del pensiero politicamente corretto. Ora, anche in Italia sarà meno facile discutere liberamente dell’olocausto. Almeno in quell’aspetto il nostro antifascismo si era mostrato meno intollerante. Lacuna colmata. Achtung!
-
[…] 1-Liguori è uno di quelli che passa per un esponente liberale del mondo intellettuale italiano. Ecco, dunque, l’ennesima prova di quanto siano messe male certe idee in questo paese. Grillo ha il diritto di dire ciò che vuole, e su questo sito è stato difeso tale diritto anchequando è stato scagionato Geert Wilders. […]
[…] 1-Liguori è uno di quelli che passa per un esponente liberale del mondo intellettuale italiano. Ecco, dunque, l’ennesima prova di quanto siano messe male certe idee in questo paese. Grillo ha il diritto di dire ciò che vuole, e su questo sito è stato difeso tale diritto anchequando è stato scagionato Geert Wilders. […]
Fin quando bisogna riconoscere la libertà di espressione?
anche in caso di istigazione a delinquere?
e se avesse detto “bisogna sterminare tutti i musulmani”?
“e se avesse detto “bisogna sterminare tutti i musulmani”?”
Secondo me non dovrebbe essere reato ugualmente, perché un conto è la parola, e un conto sono le azioni.
Stai dicendo che l’istigazione a delinquere non è reato.
Fin quando bisogna riconoscere la libertà di espressione?
anche in caso di istigazione a delinquere?
e se avesse detto “bisogna sterminare tutti i musulmani”?
“e se avesse detto “bisogna sterminare tutti i musulmani”?”
Secondo me non dovrebbe essere reato ugualmente, perché un conto è la parola, e un conto sono le azioni.
Stai dicendo che l’istigazione a delinquere non è reato.
Echissenefrega di un divieto tale!
Echissenefrega di un divieto tale!
Ma siete sicuri che non sia ancora stato vietato dire che lo Stato e la gente che lo compone sono dei ladri e dei parassiti?
Ma siete sicuri che non sia ancora stato vietato dire che lo Stato e la gente che lo compone sono dei ladri e dei parassiti?